LE SEPPIE CON I PISELLI
Maggio è il mese delle seppie con i piselli. Ogni famiglia contadina li doveva mangiare almeno una volta. Mia sorella non gradiva quel piatto e dopo la prima forchettata veniva benevolmente esentata e se la cavava con due quadretti di piadina con il salame. I piselli maturano a maggio e se ne trovano in abbondanza ed a prezzo contenuto. Sono buoni quando il baccello contiene i semi corposi ma teneri. I contadini tendono a raccoglierli il più tardi possibile e così pesano di più ma a volte sono immangiabili. Voi ve ne accorgete perché il colore del baccello non è di un bel verde intenso e brillante ma opaco e rugoso. In maggio anche le seppie sono abbondanti nel nostro mare Adriatico. E dall’origine dei tempi è nato in primavera il matrimonio fra i due. Dovete sapere che i contadini delle colline romagnole sopra Cesena non erano grandi consumatori di pesce ed anche le ricette non erano molto elaborate. Di norma si mangiava di venerdì, giorno di vigilia, ed era di solito pesce azzurro: ‘’zival’’ (cefali) cotti sulla griglia, saraghina in padella o alla brace, paganelli e ‘’ piscin de gat’’ (pesce del gatto, pesciolini piccoli) fritti, poverazze cotte in padella e con l’aggiunta di pomodoro, ‘’canoci’’ (cannocchie o pannocchie) cotte in umido, ‘’rossal’’ (triglie) in umido con i pomodorini. Quel mercoledì mattina di maggio la Suntina partì presto con il marito Aldo per andare a comprare le seppie in pescheria a Cesena. Di solito il pesce lo acquistava il marito ma per le seppie voleva esserci lei e diceva ‘’ te tan ci bon e id da dla rubaza’’ (tu non sei capace di acquistare le seppie e ti servono della robaccia). Parcheggiarono l’asina nello stalletto di Gnuletti (vicino all’odierno cinema Astra) e si avviarono verso la pescheria. A quel tempo la pescheria con circa dodici banchi si trovava in via Pescheria e poi fu portata dentro il mercato coperto (foro Annonario). Oggi nel nuovo foro Annonario non esiste più ed i pescivendoli hanno il negozio nelle piazzette vicine. E questo è un guaio perché si è perduto lo spirito vero ed unico della pescheria aperta. Pensateci un attimo. Voi entrate e subito vi appaiono una fila di banchi allineati. Ciascuno espone le diverse varietà di pesce in base ai colori e li abbellisce con rametti di prezzemolo. Ogni esposizione tiene conto e cerca di essere più accattivante del concorrente vicino. Davanti ad ogni banco sono assembrati i clienti che stanno acquistando ed i curiosi che prima di scegliere il banco giusto vanno avanti ed indietro, confrontano i prezzi, la freschezza e la simpatia dei venditori. Ogni pescivendolo è un venditore perfetto, serve il cliente roteando grandi cartocci. Oltre al pesce scelto vuole assolutamente aggiungerne altro di altra qualità dicendo che è speciale ed occorre assaggiarlo. Alla fine, dopo avere pesato, aggiunge sempre una manciata di ‘’piscin de gat’’. I dialoghi avvengono ad alta voce in modo che tutti possono sentire ed apprezzare la generosità di ogni venditore. Quando il pescivendolo adocchia un probabile cliente incerto o che passa davanti al suo banco per la seconda volta fa di tutto per farlo cadere nella rete. Solleva un cefalo e glielo fa prendere in mano dicendo di osservare la freschezza: occhio lucido, busto rigido. Insomma, prima si entra in pescheria poi si diventa clienti di qualcuno. Volete mettere la differenza dell’andare in un negozio di pesce? Tutta l’atmosfera scompare, voi avete già deciso di essere clienti prima di entrare e difficilmente uscite senza pesce, amen. Siamo alla fine degli anni 50 e ci troviamo a San Tommaso bel paesino sulle colline romagnole di Cesena ed abitato prevalentemente da famiglie di contadini mezzadri. La mia era una di quelle ed io ero un bambinetto al quale certi ricordi sono rimasti impressi. Dunque, come la nostra coppia entrò in pescheria, Gigio che era il pescivendolo del terzo banco li notò subito e disse ad alta voce: ‘’Aldo incua ci cun la tu padrona? Cla venga sgnora ca iò dal zepi freschi’’ (Aldo oggi sei con la tua padrona, cioè tua moglie? Venga signora che ho delle seppie freschissime). Notate la furbizia di Gigio, capisce al volo che chi decide quella mattina è la moglie di Aldo e quindi dialoga subito con lei. La donna si avvicina ma si capisce lontano un miglio che prima di acquistare vuole girare e rigirare tutti i banchi e vuole confrontare i prezzi. Vuole insomma passare una mezz’ora divertendosi, che gusto ci sarebbe entrare ed acquistare subito?. Comunque per educazione la Suntina si avvicina, prende una seppia in mano e dice ‘’agliè strachi’’ (sono stanche cioè vecchie, non fresche). Ma cosa dice, si inalbera Gigio, sono freschissime e pescate questa notte. Non insiste più di tanto perché sa che la donna andrà avanti ed indietro e non ha perduto la speranza di riconquistarla. Dice comunque Aldo che che ha il gusto delle battute spiritose:’’ Avì pischè tot stanota, chsà ad casen cui era in te mer’’ (avete pescato tutti questa notte, chissà che casino c’era in mare). Sarò breve per non annoiarvi. Alla Fine la Suntina trovò il banco giusto ed acquistò tre chili di seppie di pezzatura giusta. Tenendo in conto che una volta pulite calano della metà e che in famiglia erano in sei, potevano bastare appena ma l’aggiunta di piselli, pomodoro e piadina avrebbe soddisfatto l’appetito di tutti. Uscendo dalla pescheria fecero una sosta dal macellaio Pio de Muchi (Pio Brighi) che era un gran comunista ed aveva un fratello prete (Don Primo Brighi). Aveva il negozio proprio vicino alla pescheria era un gran simpaticone e pieno di battute. Aldo e la Suntina dovevano acquistare un chilo di pigadura (carne da brodo di terzo taglio). Non mancò una puntatina di Aldo all’osteria Michileta per bere un bicchier di sangiovese mentre la moglie era andata nel negozio ‘’da quela di butun’’ (quella dei bottoni vicino al palazzo comunale) per acquistare ago e filo. Arrivarono a casa che era quasi mezzogiorno. Il fratello di Aldo e la moglie avevano già raccolto molte cassette di piselli da vendere al mercato ortofrutticolo la mattina seguente. Naturalmente ne avevano messo da parte una mezza cassetta di tenerissimi da usare per ciò che voi sapete. Il pomeriggio la Suntina la passò in cucina, sgranò i piselli, pulì le seppie ed iniziò la lunga operazione di cottura. Verso le sette di sera c’era un profumo inebriante che aveva invaso tutto il vicinato e la strada che passava vicino. Molti contadini iniziarono a passarsi la voce in modo scherzoso: a che ora si mangia che mi preparo? , se vi rimangono portatemele, secondo me quelle seppie non sono buone, …La tavola era imbandita e la Suntina stava cucendo sulla teglia le ultime piadine. Proprio in quel momento passò nella strada Don Antonio il prete che era solito verso sera fare una passeggiata. Anche lui volle fare un complimento senza accettare l’invito a fermarsi. Lui di sera era solito cenare con una tazza di latte e pane raffermo, diceva. Aldo che era un comunista ma che era amico del prete, lo prese per un braccio e lo obbligò a sedersi ed a fare un assaggio di seppie con piadina. Narrano le cronache che il prete gradì molto quella leccornia e salutò dicendo: ‘’ a deg un pater par mandet in paradis enca se ci un cumunester’’ (dirò una preghiera affinché tu vada in paradiso anche se sei un comunista.
Ricetta di casa mia delle seppie con i piselli (dalla ricetta contadina di mia mamma rivista oggi da mia moglie).
Ricetta per 5 persone
Ingredienti:
- 2,5 chili di seppie fresche non troppo grandi. Pulite calano della metà
- Olio extravergine di oliva (quello buono) un bicchiere e mezza (300 cl)
- 5 spicchi d’aglio
- Pomodori pelati oppure polpa di pomodoro (quella speciale) 2x500 g
- 1,2 chilogrammo di piselli sbucciati tenerissimi (buoni anche i surgelati tenerissimi)
- Un bicchiere di vino bianco fermo
- Sale, pepe in polvere ed in grani, peperoncino, prezzemolo, quanto basta
- Chiodi di garofano, cannella un bastoncino.
Preparazione: - Pulire bene le seppie e tagliarle a listarelle
- In un tegame di terracotta (o altro tegame con fondo grosso) si fanno appassire gli spicchi d’aglio nell’olio extravergine di oliva.
- Si aggiungono le seppie a listarelle. Si aggiungono sale, pepe in polvere ed in grani, peperoncino, chiodi di garofano, cannella (un bastoncino).
- Si cuoce a fuoco molto basso con coperchio per almeno un’ora o comunque fino a che le seppie non sono diventate tenere. Mescolare di tanto in tanto.
- Si alza la fiamma e si aggiunge un bicchier di vino bianco e si lascia sfumare (qualche minuto)
- Ora si aggiungono i piselli e si continua la cottura a fuoco basso con coperchio. Mescolare di tanto in tanto. Durata 30/40 minuti e comunque fino a quando i piselli sono teneri ed hanno perduto il chè dell’erba. Attenzione, devono rimanere tosti e non sfarinarsi.
- Ora si aggiunge la polpa di pomodoro. Aggiustare con sale e pepe, togliere il bastoncino di cannella, cuocere per almeno un’ora a fuoco basso e senza coperchio fino a che tutti i sapori si sono amalgamati e sono diventati armoniosi. Se si asciuga troppo aggiungere un mestolo d’acqua calda.
- A cottura ultimata aggiungete un pugno di prezzemolo tritato
- Alla fine l’armonia dei sapori è superba e robusta, ciascun ingrediente mantiene la sua identità senza vincere. Il profumo speziato ed i colori variopinte mettono di buon umore. Il sugo che si è formato non deve essere troppo liquido e neppure troppo denso. Per fare la prova si mette in verticale un quadretto di piadina, deve rimanere dritta ma affondare con piacere e senza difficoltà.
- Già che ci siete cuocete anche 6 piadine (1 chilo di farina, acqua e sale) e prendete dalla cantina una bottiglia di sangiovese buono non quello che date ai finti intenditori.
Buon appetito a tutti voi!!!
Nella mia foto : le seppie cotte a casa mia
grazie al carissimo Fiorenzo