"Dopo quasi 4 anni di residenza permanente a Cuba, alla fine ho dovuto ricorrere per la prima volta ai servizi di Salud Pública. A dirla tutta, gia mi ero vaccinato qui a Cuba. Inoltre, avevo già usufruito indirettamente del sistema sanitario cubano quando nacque mio figlio. Però, grazie a Dio, fino a ieri non avevo avuto bisogno di nulla e dunque mi ero tenuto sempre alla larga da ospedali e cliniche. Comunque, il dente del giudizio cariato faceva ormai troppo male, perciò bisognava toglierlo subito. In 18 mesi di pandemia passati in casa incollato a Facebook, gli articoli della "prensa independiente" avevano convinto il mio subconsciente che negli ospedali regnasse il caos, che ci fossero pile di morti accatastati all ingresso, medici assaliti dai parenti dei pazienti moribondi, cacche umane sparse per i corridoi ed acqua benedetta per rimpiazzare i farmaci assenti. Così, a dispetto della paura, dei brutti ricordi e e della propaganda controrevoluzionaria, ho preso il coraggio a due mani ed ho chiamato un' amica dentista per risolvere il problema. Come residente permanente mi tocca la clinica dei cubani. Arrivo ieri mattina alle 9.30 al policlinico e noto con sorpresa che nella struttura c é un atmosfera allegra. Niente morti per i corridoi. Il personale dell ospedale ride e scherza. I corridoi e la sala d attesa mi sono sembrati puliti e luminosi. Arrivata la estomatologa (dentista in spagnolo) scopro anche che c é tutto il necessario per eseguire l estrazione in maniera comoda: anestesia abbondante, strumenti sterili e pasta coagulante per il post estrazione. Ad attendere me (il paziente) una poltrona da dentista già duramente provata da anni ed anni di utilizzo. La cosa che mi ha più colpito é che la poltrona non fosse dotata della classica serie di parafernalia che fanno da corollario alle poltrone da dentista italiano. Niente tubi aspiratori, niente pozzetta per gli sputi. Niente acqua. Niente trapani e martelli. Solo la sedia con una luce ed il cruscotto di controllo per gestrire la posizione della poltrona. Alle pareti, nemmeno un quadro raffigurante una di quelle tipiche immagini di stock che dovrebbero rilassare il paziente. Nessuna pittura muraria del Comandante a ricordarti che se devi pagare 300 euro per farti staccare un dente, il dolore é doppio. Nemmeno un che Guevara ad infondere coraggio al paziente odontoiatrico nel momento della verita. Mentre pensavo tutto questo, arriva la dentista già pronta con camice, mascherina, guanti di lattice, siringa per l anestesia ed attrezzatura sterile impacchettata.
"Allora, vediamo il dente e lo togliamo". Dice lei.
"Subito? Aspetta, avrei varie domande... ".Faccio io. Ed inizio la classica raffica di domande del paziente impaurito.
"niente raggi X della bocca?"
NO, non é necessario
"Dovro prendere antibiotici?"
NO, non serve.
"Serviranno i punti alla fine?"
NO.
"avrò bisogno di antidolorifici dopo?"
Al limite, una dipirona.
"Qunto durerà l estrazione?"
Dipende da te
"Sentirò zero dolore?"
Bueno.... (risatina)
Dopo questa serie di domande e risposte che facevano a cazzotti con le mie esperienze pregresse e tutto quello a cui siamo abituati in italia, ero praticamente pentito di essere lì. In preda al panico volevo correre via... Ma ormai era tardi. Bianco come uno straccio, apro la bocca e mi faccio iniettare l anestetico nelle gengive. Sento appena il pizzico. Mano di fata. Tempo 30 secondi, la dentista mi dice che é già ora di staccare il dente. "ma io non sento nemmeno il formicolio nella lingua". Obietto. "Questa anestesia non dà formicolio". Risponde lei. Io mi sento svenire.... Ma rimango vigile. La dentista se ne accorge e mi spruzza dello spirito nella mano. "se ti senti svenire respira questo".
Pronti via, la dentista inizia a scollarmi le gengive con uno strumento che pare un cacciavite. Effettivamente non sento dolore. Poi prende una pinza. Afferra il dente. E tira e gira. Rumori strani. Sensazioni brutte. Ma zero dolore. Tempo 5 minuti il dente é sul tavolino. Totalmente integro. Sentito zero dolore. Rimango di stucco per la rapidità dell'estrazione e la precisione della manovra, eseguita in 5 minuti con un "cacciavite" ed una pinza. Senza assistente. Senza tubi per aspirare bava e sangue. Senza bicchieretto dell acqua. Senza trapani ed aggeggi elettrici che ronzano. Segue la medicazione, che consiste nel spalmare una crema cicatrizzante nella gengiva bucata e l applicazione di una garza. Da mordere per 30 minuti. Nessun compenso era dovuto. La prassi locale prevede la gratuita del servizio, ma anche la riconoscenza del paziente verso il medico, specie se le possibilità economiche di quest' ultimo sono minori di quelle del paziente. Si fa quel che si può. Arrivo in strada sentendomi bene e non mi pare vero. Fatto presto. Tutto é filato liscio. Speso praticamente nulla.
Oggi mi sento gia come nuovo.
GRAZIE AMICA DENTISTA. GRAZIE MEDICI CUBANI. GRAZIE CUBA 🇨🇺"
Ho pubblicato questo pezzo trovato in rete, le parti salienti visto che era lunghetto, perche' della sanita' cubana e' meglio che ne parli chi a Cuba ci vive e la utilizza, piuttosto dei soliti fenomeni che mancano dall'isola da 5/10 anni e che magari ci sono stati 2 volte in un villaggio turistico ma pontificano su tutto lo scibile umano.
Credo che occorra per dare un giudizio su un sistema sanitario che invia i medici in aiuto a mezzo mondo, Italia compresa, stabilire da quali standard si deve partire.
Noi italiani siamo dei privilegiati sotto questo punto di vista, pur con tutti i tagli degli sciagurati governi negli ultimi 20 anni la sanita' italiana funziona, lo ha dimostrato durante tutta la pandemia ma lo dimostra ogni giorno quando ci rechiamo in un ospedale o dal nostro medico curante che ci prescrive medicine per cui paghiamo poco o nulla in farmacia.
Poi tutto e' migliorabile ovviamente ma nel mondo le cose non funzionano esattamente cosi'. Quindi se partiamo usando come termine di paragone il nostro paese o buona parte dell'Europa occidentale allora facciamo una sonora cazzata.
Se invece come termine di paragone usiamo paesi della regione, del Sud America, dell'Africa e di una buona parte dell'Asia allora il discorso cambia drasticamente.
Ho avuto personalmente a che fare con la sanita' cubana in un unico caso solamente, a causa di un tratto fatto in scooter senza occhiali mi era entrato del pulviscolo nell'occhio. Andai nel policlinico dietro casa, un medico mi risolse il problema, alla fine feci fatica a fargli accettare un “regalino”.
Mi ritrovai in una stanza pulita all'interno di una struttura sanitaria dove tutto sembrava funzionare bene, non parlo della clinica internazionale della capitale ma di una struttura sanitaria tunera.
Ora nel pezzo che ho pubblicato e' probabile che la dottoressa ci abbia messo un minimo di impegno in piu', visto che se si ha a che fare con uno straniero il regalino finale potrebbe essere piu' corposo, anche se dal racconto del protagonista questo non si evince.
Fra l'altro mi pare che anche il protagonista sia finito in un ospedale normale, uno di quelli che si puo' trovare in ogni citta', tipo il Guevara di Las Tunas.
Poi pero' c'e' l'altro lato della medaglia.
In famiglia abbiamo un problema con una persona che ha problemi di prostata, non ci sono catereri o meglio ce ne sono pochissimi, a volte si usano degli “inventi” che possono risultare letali se creano infezioni.
Non a caso nel maletin da 12 kg, unico mio bagaglio, portero' fra le altre cose anche una decina di quei cosini in modo da poter risolvere il problema facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti, anche perche' non si tratta di una cazzata.
Parliamo di un qualcosa che da noi si puo' acquistare a 1.50 euro ma a Cuba non si trovano e questo crea un bel problema di non facile soluzione.
Quindi come vedete a volte le cose difficili diventano facili, ma quelle facili possono causare molta preoccupazione prima di essere risolte.
Cuba e' anche questo amici miei.
Intanto 35 italiani oggi a La Habana saranno volontari per testare il vaccino Soberana Plus.
«Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui»
Pier Paolo Pasolini