Da turista, l’idea che mi sono fatto è quella di un rapporto speciale tra i cubani e le loro auto.
Al di là del folclore. Al di là del fascino senza tempo di oggetti anni ‘50 dal design inimitabile. Oltre tutto questo, c’è un fatto.
A Cuba sanno trattare le loro auto, esattamente come sanno trattare le persone.
Non è un caso se la prima scena che si è presentata davanti ai miei occhi durante il mio primo viaggio a Cuba (che poi sarebbe diventato il primo di due) è stata quella di un capannello di persone radunate attorno ad un’auto in panne non lontano dall’aeroporto. Arrivando da un paese dove tra assistenza Rca,Telepass e coperture varie nessuno è più obbligato a saper cambiare una ruota, ho subito pensato: “qui sono tutti meccanici”. Un po’ come da noi sono tutti allenatori.
Come sempre la verità sta nel mezzo, ma ció che è certo è che ognuno lì voleva dire la sua per risolvere il problema.
Senza fretta ovviamente, perchè come mi è stato spiegato poi, la fretta non è elegante.
Lei invece sì che era elegante:
Questo gioiellino è stato la nostra prima volta. Mia e delle mie compagne e compagni di viaggio.
La nostra prima volta su una 50’s.
Chissenefrega se sono le 2 di un pomeriggio d’agosto e dovremo affrontare 3 ore di viaggio senza aria condizionata. E’ splendida! Andiamo!
Il fatto che fosse un’auto utilizzata per brevi giretti turistici in città non ci ha scoraggiati. Neppure lo sguardo dell’ autista quando gli abbiamo proposto uno spostamento di 200km dall’Havana a Vinales. Dopotutto il lavoro è lavoro deve aver pensato (cit. Checco Zalone e il relativismo scevro).
Ma dopo circa mezz’ora di viaggio tutto era più chiaro.
L’aria calda che entrava dai finestrini, anzichè rinfrescare, fungeva da comburente per il processo di fusione delle nostre gambe con il materiale plastico dei sedili.
Un caldo infernale. A pensarci bene da un’auto il cui numero di targa terminava con 666, c’era da aspettarselo.
Nemmeno lei, la nostra amica ventolina, poteva fare niente.
C’era poco da stupirsi. Stiamo pur sempre parlando di mezzi di 60-70 anni fa, anche se portati benissimo. Questo perchè in un paese dalle risorse economiche e tecnologiche limitate, la sensazione è che chi dispone di un mezzo abbia imparato a cimentarsi in opere di manutenzione e restyling. Ad ottenere il massimo dal minimo.
L’apice di questa suprema arte di arrangiarsi ci si è palesato quella volta che il taxi su cui viaggiavamo di colpo si è fermato. Tutti preoccupati. Il nostro autista con una calma da far invidia a Clint Eastwood è sceso dall’auto, ha aperto il cofano, ha più volte aspirato a bocca e risputato della gasolina in eccesso da non so quale parte del carburatore/motore (non me ne intendo molto di auto) ed ha infine magicamente rimesso in moto. Il tutto accendendosi una sigaretta alla fine, di fronte ai nostri sguardi allibiti ovviamente. Per togliersi dalla bocca il sapore di gasolio diceva lui. Torcia umana a chi?
O quella volta che per far scendere i finestrini c’era la manovella. Voi direte: quindi? come su tutte le macchine vecchie. No, qui c’era una manovella per tutti i finestrini! La usavi, la staccavi e la restituivi al tassista. Io me lo immaginavo come una sorta di Giovanni (Aldo e Giacomo) caraibico: “qui non c’è l’aghzzz, c’è la manovella!”.
E’ così che durante un acquazzone tropicale ho personalmente vinto una bella doccia da pozzanghera.
Incrociando un camion il nostro autista Giovanni, seduto davanti a me , non è stato abbastanza lesto con la manovella.
Qui alcuni scatti che dimostrano come la auto cubane sappiano perfettamente armonizzare con l’ambiente circostante:
Velleità:
Un tramonto sul malecon: (Mi sono sempre chiesto cosa ci azzeccassero quegli elefanti con Cuba)
Ed alla fine, dopo quei 60/70anni di onorata carriera, ci sono alcuni casi dove non c’è restauro che tenga, e non resta che godersi il meritato riposo.
Se è pure a due passi dal malecon, ancora meglio:
Cuba
2013
e 2018
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