Il dipinto fu donato nel 1607 all'ambrosiana per legato testamentario da Federico Borromeo ,nel 1599 Federico Borromeo nipote delle agguerritissimo Carlo vescovo Milanese, fù ospite presso il palazzo Romano dei Giustiniani. Erano gli anni della massima ascesa di Caravaggio ,gli anni in cui Giustiniani andava accumulando opere dell'artista. Come Giustiniani anche Federico Borromeo era un grande estimatore di opere raffiguranti il genere della natura morta, in particolare quella fiamminga.
Un pezzo raffigurante questo genere di pittura in una collezione in cui la natura morta aveva un'importanza particolare, rivestiva un ulteriore significato non solo perché Caravaggio rappresentava in ambito Romano una novità assoluta Ma anche in virtù della provenienza Lombarda dell'artista. Alla chiara indicazione di spazialità, stabilita dalla posizione della canestra lievemente aggettante rispetto al piano sopra il quale è appoggiata, corrisponde l'insistenza sugli aspetti meno elevati dei singoli frutti e delle foglie. la bacatura della mela, le spaccature del Fico maturo, la baccellatura delle foglie ritorte sono elementi che riportano il tono della composizione, alla naturalezza del vero e ha una realtà che leva il genere, ritenuto minore, al pari della pittura raffigurante azioni considerata all'epoca la prima della gerarchia teorica dei generi in pittura.
Il dipinto è conservato la Pinacoteca Ambrosiana di Milano
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