Per comodità vedrò di rispondere per tutti e 4 i commenti, sperando nulla mi sfugga (vado di corsa che tra poco ho il sesto esame dell'attuale specializzazione: anche se in tarda serata, data la modalità 100% online, posso svolgerlo all'ora e al giorno che preferisco).
Amara realtà quella dell'invidiare i disonesti: per questo il libro dei Proverbi (A.T.) insegna a guardarsi bene da tale sciocco atteggiamento. Deplorevole che in Italia non si imitino i paesi dai governi virtuosi, dove le frodi sono molto mal viste. Non stupisce che l'italiano all'estero faccia sempre la figura del peracottaro, purtroppo.
Il fatto che la tua generazione (anni ottanta o meglio novanta, suppongo, giusto?) abbia avuto più accesso agli studi è comunque un aspetto di grande valore da non sottovalutare. Gli studi aiutano allo sviluppo della salute intellettuale (o almeno, salvo particolari difetti caratteriali, è quanto dovrebbero aiutare a raggiungere), quindi a sapersi barcamenare in mezzo a circostanze che purtroppo per chi ha solo la terza media, senza alcun animo di offendere e ci mancherebbe, risulteranno sempre e comunque insormontabili. L'esempio lampante è di chi a tutt'ora non sa nemmeno cos'è paypal e si tratta pure di gente più giovane di me. Di conseguenza, per loro esiste purtroppo un solo bivio:
-lavoro subordinato offline (sempre più raro, di questi tempi)
-starsene disoccupati con le dovute conseguenze
Già ragionano così pure svariati laureati, figuriamoci chi ha solo la licenza media. Se non si è avvezzi allo studio, neppure verrà in mente di studiare i mercati e le contingenze internazionali per valutare dove e come investire. Ci si affiderà invece al solito manager bancario che ovviamente farà gli interessi dell'istituzione, non certo del cliente. Cascherà facilmente in qualche trappola finanziaria (fosse pure in buona fede chi la propone). Ovviamente per i ragazzi della tua generazione (ma pure della mia, generazione X, che da questo punto di vista non scherza affatto nemmeno) si faceva necessario scegliere mooolto accuratamente cosa studiare, sia in fatto di diploma che di laurea. Stando attenti alle aree dal mercato saturo e quelle in cui soltanto i raccomandati trovano impiego (spesso le due aree coincidono). Questo significa che ultimamente ci si debba spesso trovare ad accontentarsi di una seconda (e pure terza) scelta e capisco che magari non si tratterà esattamente del titolo dei sogni, ma il primo passo per evitare una vita sdentata senzatetto è proprio quello di cercare di evitare la disoccupazione peggio della peste bubbonica. Esempi lampanti sono quelli di una cugina e una carissima amica che da ragioniere si sono ritrovate entrambe a fare le OSS (dal 1992 l'accesso alla professione di ragioniere è divenuto arduo e dal 2016 pressochè impossibile: ci vogliono laurea in giurisprudenza o economia, pratica biennale e dal 2016 pure con p. IVA, almeno nelle regioni a statuto ordinario, perchè i professionisti non vogliono più pigliarsi la briga di rispondere per i praticanti). Insomma, purtroppo meno sogni e più realismo, ma alla fine della fiera un titolo seconda o terza scelta è pur sempre meglio di nessun titolo. D'altra parte, se manteniamo i piedi per terra, basterebbe guardarci intorno per capire quante e quali possibilità effettive abbiamo per intraprendere questa o quella carriera. Tolte le dovute eccezioni (tipo i superdotati che sono in grado di superare pure i raccomandati), è difficile riuscire a farsi spazio in un ambiente lavorativo che oramai ha formato una vera e propria casta, se si proviene da un ambiente sociale completamente diverso. Inutile dire che la società italiana che pure millanta diritti egualitari (ma alla stregua della fattoria degli animali di George Orwell), non è impostata per indurre il figlio di un muratore o di un bracciante agricolo e di una casalinga o di una collaboratrice domestica a diventare architetto o commercialista. Gli studi professionali possono a volte presentarsi quali ambienti ostili a chi non nasce figlio di papà o comunque figlio d'arte. Questo significa che il figlio di un muratore o di un bracciante agricolo si deve rassegnare a seguire le orme di suo padre? Certo che no! Magari non riuscirà a farsi spazio nel mondo dell'architettura, ma potrà diventare insegnante di applicazioni tecniche nei licei e altre scuole secondarie, dato l'ambiente più aperto a tutti. Se non potrà studiare medicina perchè le condizioni familiari non gli consentono una vita diversa da quella di studente lavoratore (studiare medicina è incompatibile con il lavoro, specie se a tempo pieno), potrà ripiegare su psicologia o qualche triennale sanitaria non troppo incompatibile con un lavoro. Ma mai gettare la spugna nel tentare di migliorare le proprie condizioni tentando con un titolo che può garantire una vita migliore. La salute intellettuale sta pure qui.
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