La cultura e l'arte oggi: sacrificare la regina?

in #ita7 years ago (edited)

Si parla di cultura d'oggi, di subordinazione, di funamboli, dell'astrattismo come forma d'arte, di scacchi, di scienza e di filosofia.



Come già fatto in un'altra occasione, in Soggetti della scrittura o soggetti alla scrittura? dove mi collegavo al post di @martaorabasta Scriviamo, dunque siamo, anche quest post si allaccia, cercando una relazione piuttosto che un confronto (anche se questo potrebbe non sembrare chiaro) ad un bellissimo post che ho letto in questi giorni: si tratta di Only ITA - CONSIDERAZIONI SULL'ARTE di @voiceoff.

Qualche volta mi rivolgerò direttamente a @voiceoff.

premessa (doverosa):
come si parla di arte in questo post

I miei studi universitari si sono conclusi con una tesi in estetica e, naturalmente, mi sembra doveroso chiarire alcuni aspetti preliminari, del senso e degli obiettivi di questo post.

Per farlo parto da alcune considerazioni sul termine "estetica", considerando che un giorno, parlando con uno scrittore e un docente di psicologia, mi sono trovato - con mia grande sorpresa - a dover definire meglio questo termine poiché secondo loro tale disciplina non aveva nulla a che fare con la scienza. Questa loro "difficoltà" a collocare l'estetica in ambito scientifico dipendeva dal fatto che la consideravano "giustamente" come disciplina filosofica. Questo non sarà l'argomento di questo mio intervento, per cui spiego velocemente la mia impostazione.

  • Lasciamo perdere cos'è la filosofia per ora, ma sono d'accordo nel non considerare la filosofia come disciplina scientifica;

  • L'estetica come studio dell'arte (lasciamo perdere l'analisi del bello in quanto tale e concentriamoci sull'arte), può essere considerata sia come disciplina filosofica che come disciplina scientifica, a collocarla in un ambito o nell'altro sarà lo stesso studioso, che dirà quale approccio ha il suo studio, se l'approccio è quello filosofico, sarà la comunità filosofica ad accoglierlo (con le sue regole, i suoi permessi e divieti), se invece l'obiettivo, l'approccio sarà scientifico allora sarà giustamente la comunità scientifica ad accoglierlo (o rifiutarlo, criticarlo) secondo le regole della scienza (epistemologia).

  • L'approccio scientifico ha l'obiettivo di comprendere (scientificamente) che cos'è l'arte, non di abbracciare una forma d'arte piuttosto che un'altra, ma di spiegare cos'è l'arte accogliendo tutte le forme d'arte, sia quelle che allo scienziato piacciono, sia quelle che allo scienziato non piacciono. Se non si comportasse così lo scienziato finirebbe per essere considerato dogmatico, e quindi la sua teoria rifiutata in quanto dogmatica. Ciò è l'accusa che ad esempio fa Luciano Nanni nel suo libro Contra dogmaticos a molte teorie sull'arte del Novecento che si ponevano in ambito scientifico.

Questo mio post non si pone l'obiettivo di fare un discorso scientifico, prenderò alcune considerazioni delle teorie scientifiche solo come spunti per il mio discorso. Il mio post, invece, ha l'obiettivo di fare considerazioni personali sull'arte e sulla cultura del Novecento e metterle in relazione con quello che siamo noi oggi, lo scopo è etico: vale a dire individuare percorsi, sviluppi, visioni che possono essere seguiti, determinati, abbracciati (quindi è al servizio di un modo di stare al mondo, il nostro, potrei dire il mio, ma siccome non credo al concetto di individuo solitario, separato dal mondo e compiuto in se stesso, questo "mio" si traduce immancabilmente in un "nostro").

Ora sono pronto ad allacciarmi col post di @voiceoff, il mio scrivere sarà immediato, non ho tempo (né possibilità) di fare ricerche bibliografiche e sviluppare un discorso più accurato. Ma anche l'immediatezza ha le sue virtù, quindi procediamo senza paura.

@voiceoff fa riferimento, nel suo articolo, ad un testo del 1951 di Cesare Brandi che non ho letto, quindi il mio discorso si allaccia unicamente all'interpretazione e al senso che ne da voiceoff.

forma e contenuto

Tutte le citazioni sono del post di @voiceoff, citato all'inizio.

Ogni epoca dell’uomo può riconoscersi in una categoria di macchine utilizzate o inventate nella stessa epoca. Fino a tutto l’Ottocento si tentava di ornare tali macchine in maniera che fossero inclini e non contrarie ai canoni estetici dell’epoca...

Come dire: una cosa è la macchina come funzione (senso del suo utilizzo), una cosa la macchina come forma (senso estetico, incline o meno ai canoni del tempo).

Soltanto all'interno di questa separazione può capitare (accadere, in molte filosofie si parla di evento) che la forma possa riuscire a mascherare la funzione:

questa volontà di orpellare la funzione, di mascherarla, di nasconderla, può sussistere solo nel caso in cui l’uomo che la utilizza abbia dei canoni estetici ai quali rivolgersi e coi quali avvolgere la macchina in questione; ma se tali canoni vengono a scadere per chissà quali motivi e non vengono sostituiti da null’altro cosa potrebbe accadere?

Non penso che ciò possa essere possibile, intendo il fatto che un canone estetico non venga sostituito da null'altro. Penso che anche se ci fosse (per assurdo) una mancanza di canone estetico, questa mancanza diventerebbe automaticamente (inevitabilmente) canone estetico.

Forse bisognerebbe slegare il concetto di forma al concetto di "bello", vale a dire di gusto (scelta) di ciò che è bello. E se la forma non fosse solo questo?

Mi viene in mente un dualismo alternativo a Forma/Contenuto, quello che in Oriente dicono Vuoto/Pieno.

Facciamo un esempio: la tazza per il té.

La funzione della tazza per il té è quella di accogliere la bevanda per poter essere bevuta.

La tazza è fatta di pieno (la parte materiale della tazza) e di vuoto (cioè la cavità della tazza in cui verrà versato il té). Il vuoto e il pieno concorrono alla funzionalità della tazza.

Ora, mantenendo intatta la funzionalità quel pieno può essere costruito in tanti modi (forme e colori diversi) e in alcuni casi potrebbero mascherare la funzionalità stessa, è vero. Ma proprio perché io posso costruire in tanti modi lo stesso oggetto (macchina) senza toccare (variare) la funzionalità, proprio per questo io mi allontano da quella funzionalità (in ogni caso, anche se semplicemente disegno un piccolo cuoricino sulla tazza, senza perciò rendere diversa la funzionalità della tazza legata al bere).

Ma siccome non esiste gesto umano senza funzione (non siamo in grado di pensarlo, non è che la funzione esiste come cosa di natura), dobbiamo per forza pensare che quel cuoricino disegnato sulla tazza è legato ad un'altra funzione...comunicativa? artistica? culturale? filosofica? Può essere tutto, ma sicuramente quel cuoricino non è stato fatto per rendere più funzionale il bere il tè.

Ma poi ne siamo proprio sicuri?

La cultura orientale probabilmente direbbe: c'è un modo di bere il tè per soddisfare l'esigenza fisica di bere liquidi e c'è un altro modo di bere il tè come atto culturale. E forse nel secondo modo, quello culturale, il cuoricino comincia ad avere una sua valenza (incidenza).

astrattismo come subordinazione

Se l'astrattismo viene inteso come modalità consustanziale all’esistenza della macchina (alla funzione della tazza di tè), e io mai l'ho considerato in questo modo (ciò non significa che tale visione non abbia il suo senso, la sua funzione), allora accadrà:

che la funzione si sostituirà alla bellezza, non essendovi altro a cui rivolgersi la funzione sarà ciò in cui tutti finiremo per riconoscere la bellezza; l’estetica diventa subordinata alla pratica. Tuttavia la coscienza estetica non può rimanere ancorata alla pratica; tende per natura a ricercare ciò che ha a che fare con la contemplazione, finendo per accantonare l’aspetto pratico della funzione, compiendo quindi l’astrazione di un’astrazione.

Ok, questo è un passaggio essenziale.

Posso sostituire un termine? Da difficoltà a me, non è un termine utilizzato in modo sbagliato, ma a me da un po' di difficoltà, perché mi porta su altri lidi. IL termine è quello di "bellezza". Utilizzando questo termine l'estetica diventa il senso del bello. Provo a sostituire questo termine con "cultura" (nel senso in cui sopra ho parlato dell'atto culturale del prendere il té). Oppure facciamo così: il senso del bello come approccio culturale (contemplativo) nei confronti del mondo. Ok, così va meglio (per me).

Riprendiamo il passaggio.

che la funzione si sostituirà alla bellezza, non essendovi altro a cui rivolgersi la funzione sarà ciò in cui tutti finiremo per riconoscere la bellezza

Non essendovi altro... no! Ce l'abbiamo l'altro... è proprio la funzione pratica... il nostro senso del bello come approccio culturale celebra proprio la funzione pratica, esalta tale funzione come centrale (al nostro spirito culturale). Ti è mai capitato di fare un discorso che a te convinceva tantissimo ad un amico o ad una platea e sentirti dire - dopo essere riuscito (secondo te) a dare il massimo da un punto di vista comunicativo - "ok, bello, e quindi cosa facciamo?".

l’estetica diventa subordinata alla pratica.

L'estetica, come sguardo culturale, guarda proprio la pratica (ne fa l'oggetto di contemplazione e in questo la valorizza oltre se stessa).

Tuttavia la coscienza estetica non può rimanere ancorata alla pratica; tende per natura a ricercare ciò che ha a che fare con la contemplazione, finendo per accantonare l’aspetto pratico della funzione, compiendo quindi l’astrazione di un’astrazione.

La coscienza estetica (come atto culturale) rimarrà ancorata alla pratica fino a quando un nuovo sguardo culturale cambierà la coscienza degli uomini.

Tende per natura? Qui sarei nietzschiano. Quando zarathustra parla al funambolo morente, fatto cadere da un diavolo che muove la corda sopra la quale il funambolo camminava sospeso nel vuoto:

il funambolo dice "lo sapevo che il diavolo mi avrebbe ucciso
e Zarathustra: tranquillo, non esiste il diavolo, non esiste l'inferno
funambolo - ma se non esiste il diavolo, non esiste l'inferno, né alcun dio, che senso ha avuto la mia vita?
Z - Muori in pace, hai fatto del pericolo il tuo mestiere e ora muori per il tuo mestiere, [questo è il senso della tua morte e della tua vita] (tra parentesi quadre una mia aggiunta, vado a memoria).

Allo stesso modo non esiste la coscienza estetica in natura. E l'astrazione dell'astrazione non è altro che la contemplazione (metafisica) come atto culturale.

un nuovo sguardo, una nuova arte:
bisogna sacrificare la regina?

Il motivo per lasciare questo sguardo che fa della funzione pratica il centro (e quindi l'esaltazione) dei valori della nostra società non è perché tale sguardo è sbagliato, perchè c'è qualcosa di meglio, ma perché sta morendo (è già morto) e come dice Zarathustra deve morire in pace, ci aspettano nuovi funamboli (nuovi uomini).

La nostra difficoltà (come "ultimi uomini", prima dell'oltre-uomo) consiste nel non voler lasciare morire un pezzo di noi stessi (in questo consiste la decadenza del nostro fare).

partita a scacchi

Ho commentato solo la prima parte del tuo post, non sono riuscito ad arrivare alla seconda, come una delle partite a tempo che hai fatto vedere nei tuoi video sugli scacchi. Non so se hai notato ma a me sembra che tutto il mio post abbia la forma di un commento di una partita a scacchi, ma non di quelle dei tornei che si fanno per vincere ma di quelle che si fanno per commentarle alla fine.


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Bell'articolo ne hai messo di carne al fuoco! :)

Mi ci vorrà un po' di tempo per cercare di risponderti in maniera accurata ma di primo acchito mi viene da sottolineare il fatto che il punto di partenza sono le riflessioni di Brandi del 1951... Questo significa che la sua visione dava per assodate determinate cose che oggi magari non lo sono più (sono passati 70 anni). Diciamo che il mio intento alla fine era quello di "strumentalizzarle" utilizzando più che altro i concetti di macchina e democratizzazione che credo siano molto validi anche oggi, e si tratta di un oggi che da un certo punto di vista ha molte cose in comune con il secondo dopoguerra.

Ma ci tornerò...

Grazie... andiamo pure oltre Brandi... alla fine è solo uno spunto...🙂 👍

... sì non sono arrivato alla seconda parte del tuo post... probabilmente anche la più intrigante... ma... tempo a tempo... si tratta di un dialogo... e come ogni dialogo all'inizio si cerca l'allineamento e poi il confronto...

Abbiamo battibeccato molto, onestamente però vedere post come il tuo poco apprezzati mi rende abbastanza triste. Anche perché ve ne sono alcuni ridicoli che..
Lasciamo stare, hai il mio upvote.
Per quanto possa valere, bell' Articolo.

Che tristezza Steemit..

Grazie, il tuo upvote me lo tengo stretto... per me vale tanto 👍

estetica scienza esatta o scienza sociale? forse esatta nel senso di disciplina che analizza le proporzioni e l'organizzaizone dello spazio; sociale nel senso che analizza le influenze di cultura e psiche sull'organizzazione dello spazio. Ma sul piano epistemologico mi verrebbe da chiedere: che concetti usa l'estetica?

Grazie per la domanda @martaorabasta, forse mi dilungo nella risposta... 🙂👍

Le storiche differenze tra scienze della natura e scienze delle spirito/sociali (fisica, matematica ecc. da una parte e psicologia, estetica ecc. dall'altra) non sono più tali all'interno dell'approccio epistemologico che ritengo (non solo io naturalmente) oggi il più valido e su cui si fonda oggi la scienza. In particolare, la scienza (con i suoi metodi) può indagare qualsiasi cosa, oggetti materiali, oggetti immateriali e oggetti culturali. Lo sguardo scientifico, tuttavia, è legato ad alcune regole, fuori dalle quali lo sguardo non sarebbe scientifico appunto, e alle quali è legata la scienza sociale come la scienza esatta.

Quello che per me è assodato (lo è sempre stato per le scienze dello spirito, ma oggi dopo le ultime scoperte della fisica anche per le scienze della natura) è che lo sguardo scientifico (descrittivo) deve venire dopo un atto "culturale", ad esempio prendiamo la linguistica, lo studioso di linguistica non crea la lingua che studia, ma la trova già in opera all'interno dell comunità linguistica, e la sua descrizione scientifica avviene dopo l'accordo culturale dei parlanti, se venisse prima sarebbe infatti dogmatica perché creerebbe una lingua piuttosto che descriverla, così oggi si pensa anche sia la teoria della fisica, che viene dopo che uno strumento (attraverso il quale si esegue la misurazione, la sperimentazione) determina l'evento che la teoria descrive. La meccanica quantistica ha ad esempio posto dei problemi di contraddizione della teoria che sono state risolte da questo approccio, diciamo che spesso le scienze esatte hanno sia l'intervento primario (etico, attraverso lo strumento di misurazione, sia anche semplicemente l'occhio), si un intervento secondario di descrizione dell'evento primario (e solo questo secondo aspetto sarebbe scientifico). Scienza = atto culturale secondario (che viene dopo). Etica = atto culturale primario (creatore di qualcosa, di una visione di un punto di vista soggettivo, di una scelta). Se la scienza diventa etica è considerata errata, vale a dire dogmatica.

Vediamo come si risolve questo per l'estetica.

Definizione: estetica come scienza che studia l'arte, si chiede cioè: cos'è l'arte? (esiste naturalmente anche l'estetica come disciplina filosofica, ma è un'altra cosa, si tratta di uno sguardo non scientifico, che per caratteristiche del proprio approccio sconfina spesso sul livello etico).

il problema: il problema (vedi Karl Popper per indicazioni epistemologiche sul modo in cui la scienza indaga i problemi di conoscenza) ad esempio studiato dall'estetica ("scientifica") nel Novecento è stato questo: Se l'arte è un tipo di comunicazione, come è possibile che un messaggio artistico dia luogo ad interpretazioni molto varie e diverse, fino ad essere antitetiche tra loro? Il problema era la polisemia del messaggio artistico. Le principali teorie scientifiche sull'arte nel Novecento hanno cercato di rispondere a questa domanda. Il bellissimo libro di Luciano Nanni (Contra dogmaticos) ha analizzato queste teorie, ha controllato che l'ambito che gli autori di queste teorie hanno legato appunto il loro sguardo era quello scientifico, e in gran parte le ha "bocciate" per l'ambito scientifico in quanto dogmatiche.

dogmatismo: Come fa ad essere dogmatica una teoria scientifica sull'arte? Una teoria ad esempio che si pone (da sola) l'obiettivo di spiegare cos'è l'arte in generale (tutta l'arte) e poi quando spiega (descrive) cos'è l'arte, spiega (descrive) soltanto alcune opere d'arte ma non tutte, cioè quando alcune opere non sono comprese dalla teoria.
Esempio: se la mia teoria sull'arte (in generale), la mia risposta alla domanda cos'è l'arte? è: l'arte è un'opera di comunicazione che produce polisemia perché è fatta in un certo modo per cui il messaggio diventa indiretto, ambiguo ed è questo che produce polisemia, quindi la polisemia è determinata da modo in cui l'opera è fatta. Se la mia teoria scientifica è questa, allora è dogmatica perché non spiega ad esempio lo scolabottiglie di Marcel Duchamp, opera che non è stata fatta (costruita, creata dall'autore che l'ha acquistata in un negozio) dall'autore e che è stata prodotta in serie (prodotto industriale).
Se lo scienziato reagisce dicendo, ma perché l'opera di Duchamp non è arte, sarebbe dogmatico perché non è compito dello scienziato decidere (scegliere, posizione etica) cosa è arte e cosa no ma spiegare (descrivere) il modo in cui la comunità culturale fa vivere (funzionare) ciò che chiamiamo arte.

Si dovrebbe ancora approfondire queste cose, ma spero che questa risposta dia perlomeno un'idea dei concetti utilizzati dall'estetica come disciplina scientifica.

@martaorabasta ... aggiungo... naturalmente il fatto di credere che l'arte sia un atto di comunicazione (e questo non deve essere dato per scontato) allora le scienze che più si prestano (si sono prestate) a trattare l'arte da un punto di vista scientifico sono state nel Novecento la linguistica e la semiotica. Ma ciò è dovuto all'assunto di base arte=atto comunicativo. Si aggiunga che ci sono teorie scientifiche che mettono in dubbio le teorie standard della comunicazione e abbiamo un quadro problematico dell'intera faccenda.

A fenomeno...!!
Ti ho letto con grande attenzione e soddisfazione. Che gusto!

😉👍mi chiameranno l'egiziano II, il secondo papironense dell'era steemitiana!

È l'ultima volta che ti faccio una domanda 🤣🤣🤣. Comunque condivido l'idea per cui alla base di una disciplina (non ci complichiamo la vita definendola scientifica o meno) che si propone in qualche modo di esaminare dei fatti di realtà non ci sia una definizione dogmatica circa l'oggetto dell'indagine (e quindi una definizione univoca di che cosa sia ad esempio l'arte) quanto piuttosto un accordo di tipo convenzionale sul sistema di concetti che tale disciplina utilizza. Ad esempio quello di polisemia nello studio del prodotto artistico. Sono sempre stata convinta che il 900, con la critica più o meno diretta alla concezione "forte" del pensiero filosofico abbia dato vita a un sano relativismo epistemologico di cui ci gioviamo anche noi parlando con una certa simpatica libertà della natura delle discipline del pensiero. Ai tempi di Hegel mi avrebbero tagliato la lingua 🤣

Questa certa simpatica libertà è ciò che ci serve per affrontare la cultura senza avere l'impressione di essere fuori luogo, di visitare un luogo di culto dove però non si può parlare, fare rumore, ridere, sbagliare, sperimentare... perché se ci tagliano la lingua vorrà dire che a nessuno interessa il nostro dire...🙂