Potevo rispondere in tanti modi alla tua mossa di Alfiere @voiceoff, e altre risposte arriveranno.
Quella che ho deciso di fare è una mossa di difesa del Cavallo, ma contemporaneamente è una mossa di attacco (di un'ala della scacchiera) e nasconde una strategia più profonda che qui ancora non può esibirsi.
Spinta di Pedone.
Inizio a intravedere qualcos'altro, oltre alle teorie, alle "sapienze" ostentate (bontà mia!), ai passaggi più o meno logici di ogni nostro intervento. E' una conversazione dove al di là delle convinzioni personali e dei pregiudizi vedo il confrontarsi di due modi diversi di interpretare il mondo e la vita; due caratteri di due persone diverse, con una storia diversa, vissute in luoghi diversi, di diversa età...
Giusto! Qui viene sottolineato perché in qualche altro punto del tuo post mi sembra tu contraddica questo approccio.
Vorrei incentrare questo discorso su un punto fondamentale che parte dalle seguenti parole di @anedo:
Quando Freud inventa l'inconscio (c'è qualcuno che pensa che lo ha scoperto?) ecco che nasce un nuovo mondo e l'arte racconta questa nuovo mondo, ecco l'arte nuova.
Questo non è del tutto vero, intendo della nascita della nuova arte; tant'è che...
Non seguo il tuo discorso perché sarei anche d'accordo con quello che dici...sul tuo livello... ma siamo su due livelli diversi... io sto dando indicazioni su come penso i concetti di "inventare", "scoprire", "nuovo", "arte", "raccontare". Tu stai ragionando sul fatto che in quel periodo storico si può o non può dire che Freud abbia o non abbia determinato o influenzato l'arte del Novecento...
Io dico: invenzione = cambio di paradigma ... cambio di paradigma = diversa realtà ... diversa realtà = nuovo mondo ... nuovo mondo = nuova arte ... nuova arte = nuova funzione ... nuova funzione = nuovo uomo ...
Tutti questi confronti, anche mescolati a caso, come in una formula dadaista.
Per me (ma questo si potrà meglio spiegare più in là) non c'è La Realtà in Sé, il Mondo in Sé, l'Uomo in Sé. Vale a dire non c'è Realtà fuori dall'invenzione, non c'è Mondo fuori dall'interpretazione, non c'è Arte (nel suo significato più ampio di capacità di produrre) fuori da una funzione pratica.
Ma non intendo, e qui non posso che essere oscuro per ora, che fuori dall'interpretazione non c'è nulla, dico che ciò che conosciamo come mondo è proprio ciò che può essere interpretato (l'interpretabile nel momento stesso in cui viene interpretato, come dice Carlo Sini, la conoscenza è un evento).
Sulla retorica forse farò un post a parte per spiegare meglio il mio punto di vista.
La cultura in generale è una cosa (e tu di questo stai parlando), l'arte, che può essere considerata un pezzetto di tutta la cultura, è un'altra cosa (e io di questo sto parlando) con regole molto diverse.
Non so fino a che punto io possa essere in grado di trattare questo argomento, più ristretto, figuriamoci se dovessi mettermi a parlare di cultura in toto! Mi limito al mio.
Mi limito al mio? Per come intendo il tuo dire avresti dovuto scrivere "mi limito al mio sapere", ma io non voglio un confronto di saperi ma un confronto di visioni! Qua mi sembri contraddire quanto detto all'inizio.
Scegli pure l'ambito che preferisci (non è questo il problema), ma non farne una questione di sapere (di arte, di storia dell'arte), facciamone una questione di sapere cosa farne (noi) di questa arte, di questa storia dell'arte: questa è una visione! Questo è ciò che fa di un sapere un saper fare (o ancor meglio un trovar da fare, un percorso da seguire).
Se la retorica, nelle accezioni che ne dai tu, @anedo, può essere considerata un qualcosa di dannoso in seno al vivere quotidiano, alla cultura in genere (?) (nel senso che "si dice ma non si fa") non lo è per nulla nell'arte: l'arte è retorica perché essa non deve "fare" in quel senso, e proverò a dimostrartelo.
Non considero la retorica una cosa dannosa per la nostra cultura, qui mi allontano dalla posizione di Platone/Socrate (nel Gorgia), reputo la retorica come la funzione pratica privilegiata della nostra cultura (prassi, principi, valori e infine purtroppo anche senso, e su questo mi sono anche contraddetto, ah la debolezza del Cavallo). Io dico che non mi interessa più questa retorica, in qualche modo dico che non riesco più a starci dentro, qualcosa mi spinge fuori (questa stessa nostra cultura immagino).
La retorica dice una cosa e ne fa un'altra, e noi di questo altro che viene fatto non ne siamo più consapevoli, questo è quello che intendo quando dico che bisogna recuperare il senso delle nostre pratiche. Ma sarebbe più corretto dire "modificare" le nostre pratiche piuttosto che "recuperare" (per il mio discorso). Quello che la retorica fa è distruggere le pratiche, distruggere i soggetti "delle" pratiche rendendoli soggetti "alla" pratica retorica e non è che si possa fare diversamente, poiché come aveva intuito nietzsche questo è il nostro destino (non il nostro errore). Un destino inaugurato da Platone, che pure aveva descritto così bene cos'è e cosa fa la retorica (e riprenderò...).
attacco all'alfiere
Partiamo da tutta la materia che costituisce il mondo, essa non può aumentare o diminuire, può solo trasformarsi, ne consegue che la realtà può solo trasformarsi ma nella sua essenza più profonda è sempre lei, sempre la stessa, ieri, oggi e domani.
Non è così, la realtà di cui parli è solo la realtà di una delle innumerevoli scacchiere campi da gioco (culture). O pensi che la nostra visione (scientifica) del mondo sia quella "vera"? Se pensi così dovresti dimostrarmelo, se vuoi fare scacco matto.
A questo punto, se l'Arte è un modo per interpretare la realtà (dove con "interpretare" intendo tutto ciò che può venirti in mente), come può, la stessa, essere "nuova"? L'unica cosa che potrà esserci di nuovo è solo la forma!?
Arte come modo di interpretare la realtà? Ci sta (ma ora sai che ogni interpretazione per me è un mondo, anche ogni interpretazione che ripete un'interpretazione già fatta).
Interpretare come tutto ciò che ci può venire in mente? Ci sta (ma dovrai sapere che per me non c'entra nulla la mente, ma mente come metafora di ciò che pensiamo ci può stare).
L'unica cosa che può essere di nuovo è solo la "forma"? No, qua non ci sta per niente, e senza neanche scomodare i miei innumerevoli mondi (scacchiere), perché ogni interpretazione ha una funzione che si lega alla forma, chiamiamola intenzione, e questa funzione può essere nuova: come posso interpretare il mio inconscio se qualcuno non l'avesse prima inventato (o scoperto se preferisci, per ora la differenza non cambia ciò che sto dicendo) e cos'è l'inconscio se non un'interpretazione della realtà, e cos'è la realtà se non questa interpretazione? E, naturalmente, innumerevoli altre (innumerevoli realtà).
Il rapporto tra significante e significato non è stato ancora precisato correttamente dalla linguistica. C'è del marcio in Danimarca? Se la partita continuerà ne riparleremo.
Tutte le "cattive pratiche" alle quali fai riferimento sono sempre esistite, anche qui, niente di nuovo, l'unica differenza sta nel fatto che gli strumenti di oggi permettono di arrivare a molte più persone contemporaneamente nei propri sproloqui. Dunque non è un recupero di chissà quale nobiltà della "funzione pratica" a discapito di questa "vuota retorica" che a mio avviso serve; ciò che serve è il recupero del "gusto della retorica".
Sul finale non mi pronuncio, avrai modo di motivare più profondamente quello che per te serve (e io quello che per me).
su ciò che è nuovo
Ritorno tuttavia al concetto di "nuovo" citando Carlo Sini, si tratta del paragrafo iniziale ("Avvertenza", e già questo titolo è sintomatico), del suo libro forse più bello: Teoria e pratica del foglio-mondo.
Ora però devo fare un'avvertenza dell'avvertenza, @voiceoff, non prendere il testo di Carlo Sini come misura del nostro dialogo, potresti pensare di non essere all'altezza di questo livello filosofico, come non lo sono io. Ma, di questo non dobbiamo curarci, non dobbiamo avere timori, perché il nostro dialogo è nostro, la partita è nostra e il livello in cui decidiamo di confrontarci lo decidiamo noi. Proprio perché il nostro non è un confronto di saperi. E se faremo una brutta partita, come accade anche a te nei tuoi tornei, ce ne faremo una ragione e cercheremo di giocare meglio alla prossima.
Siccome la citazione è lunghetta la inserisco come testo normale, leggermente rimpicciolito.
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Il testo [questo libro] presenta il resoconto di due corsi di lezione tenuti all'Università di Milano nel 1992-93 e nel 1993-94. Resoconto fedele e veritiero. Resoconto di pura invenzione. Entrambe le cose sono vere: dipende dal punto di vista. Potrei dire, usando termini per me consueti, che il resoconto è fedele sul piano del significato, e non lo è sul piano dell'evento (dell'evento del significato). Si sa che ogni ripetizione è un nuovo inizio. Il che significa che ha in sé l'inizio, il quale è, come tale, uno e indeclinabile. Per cui non è mai possibile ricominciare se non cominciando ex novo e una volta per tutte. Questo poi è l'essenziale dell'esercizio che qui si propone, sotto metafora del foglio-mondo e di scrittura. L'incisione accade e perciò è sempre accaduta, sicché la soglia trapassa ogni supporto ed è sempre un po' più in là. Paradosso costitutivo della scrittura, come vide e non vide, sconcertato, Zenone.
Non vorrei che si pensasse che questo modo di esprimermi soggiaccia a qualche ridicolo vezzo esoterico: è che risulta difficile esprimersi altrimenti, in una forma più piana e normale, come il lettore forse converrà, se rileggerà questa Avvertenza dopo aver percorso il cammino del testo.
L'esercizio di lettura e di scrittura, in quanto evento di una pratica, è ogni volta uno per sempre. Aristotele pensava l'uno come misura del molteplice e pensava bene: sul piano del significato. Ma Platone pensava l'uno anche come dismisura del molteplice e aveva a sua volta ragione: sul piano dell'evento. Così Aristotele è compiuto e perfetto, sul piano della teoria. Platone però consente l'apertura di una pratica. Hegel, questo Giano bifronte della nostra modernità, si accorse a suo modo di entrambe le vie. Noi, che ne dipendiamo, e che ci confrontiamo ogni giorno con la dismisura incalcolabile del nostro mondo, optiamo decisamente per la pratica. Pratica della teoria, beninteso, in quanto esercizio salutare, salvifico, come diceva Spinoza.
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Carlo Sini, Teoria e pratica del foglio-mondo, Laterza 1997, pp. VII-VIII
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👍🏻
È sempre fonte di ispirazione leggerti, @anedo. Grazie! ...e grazie anche a @voiceoff. Bel confronto...!!
Grazie 😊 😉
Un po' mi ha spiazzato questo nuovo intervento @anedo... per quanto riguarda le modalità. Mi piace l'idea di discutere punto per punto, in generale, la trovo buona pratica per rimanere "ordinati" ma questa conversazione non mi sembrava QUEL tipo di conversazione :)
Stai barando :D è come se tu avessi fatto 3 o 4 mosse tutte assieme.
👍🙂 una semplice mossa di pedone... di difesa... forse ho alzato un po' di povere... ma le modalità possono essere diverse post per post, puoi anche rispondermi con un disegno, con domande, raccontando un aneddoto o una storiella...
Magari non ci credi, tifo per te in questa partita!
Grazie, fa piacere avere dei tifosi... magari non ci credi... ma questa partita di scacchi tra me e @voiceoff non ha come obiettivo la vittoria o la sconfitta (ma magari tu lo sai già, e quindi questo mio dire è anche per me e per il mio "avversario", tanto per non dimenticarcelo).
Questa partita perciò è fatta non con lo scopo di portare a casa come detto una vittoria o una sconfitta ma per portare a casa qualcosa dell'altro. In questa partita il prendere un pezzo dell'avversario non è un eliminare il pezzo dalla scacchiera (come campo di gioco) ma un "prendere con se" qualcosa dell'altro, che proprio per questo non deve più essere considerato avversario (come in una sfida retorica).
Capisco e non capisco ovviamente. Essendo una cosa vostra saprete voi i dettagli della partita. Sembra un remake in salsa personale del settimo sigillo.
😂 non male, non ci avevo pensato, devo rivedere il film, ma lì è l'opposto mi pare... la morte vince sempre... se invece intendi che siamo ermetici come bergman... beh almeno noi siamo a colori... 😁
Esatto, diciamo 2 bergman che si sfidano.
Per quanto riguarda i colori, mostrandomi in bianco e nero posso facilmente incanalare l'attenzione su quello che non conta. Informazioni.. Un bene sottostimato. Ne ho avute molte ad un prezzo irrisorio.
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