Guida all'ascolto - Echoes (Pink Floyd)

in #ita6 years ago

Guida All'ascolto - Echoes (Pink Floyd)

(Gilmour, Waters, Wright, Mason, tratto da "Meddle"1971)

La suite è un insieme di diverse parti composte dai quattro componenti della band in modo autonomo e poi assemblate egregiamente.
Echoes introduce un’atmosfera surreale già dal primo secondo, eterea e sognante in pieno stile “Pinkfloydiano”. Ciò che sentiamo è una singola nota (Si) il “ping” di Richard Wright, che rende già riconoscibile la suite, suonata ripetutamente in un pianoforte Steinway e poi passata in un altoparlante (rotante) Leslie, l’effetto sembra voler richiamare il caratteristico suono dei sonar. Il “ping” comincia a mescolarsi con un timido sintetizzatore (0:20) e con le altre note del pianoforte che fungono da contorno sempre al Si iniziale. Questa atmosfera fragile sembra stabilizzarsi e crea inaspettatamente un “tappeto” per la chitarra di David Gilmour che entra (1:11/3:00) senza bussare, e delicatamente comincia ad insinuarsi e a raccontare la sua storia. Il brano ci dice che siamo (momentaneamente) in tonalità di Do#m, il Si iniziale del piano che si contendeva la scena con la chitarra, svanisce, per dare spazio al solo introduttivo di Gilmour che suona con il tono della chitarra mezzo chiuso, accompagnato sempre dal piano. Entrano (1:53) le percussioni di Nick Mason, e il brano sembra prendere vigore, il tutto si sposta per un attimo in Do# minore armonico per la presenza dell’accordo di Sol# maggiore (2:09), per poi ritornare alla tonalità originale. Al minuto 3:00 comincia la strofa armonizzata da Gilmour e Wright, entrambe le voci risultano delicate e ben amalgamate (troviamo spesso nelle canzoni dei Floyd la combinazione Gilmour-Wright).

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Fender Stratocaster (fonte Pixabay)

Il testo raccontato dai due affronta una tematica che verrà riproposta in altri lavori futuri della band, il brano infatti venne spiegato così da Waters: “Echoes è il tentativo di descrivere il potenziale che gli esseri umani hanno di riconoscere l'umanità presente nel prossimo e rispondere a questa con empatia piuttosto che disinteresse”, l’intera canzone quindi vuole essere un invito a ricercare l’essenziale e puntare alla condivisione, abbandonando il nostro individualismo.

Al minuto 3:46 la strofa viene interrotta (momentaneamente) da un riff che viene eseguito dalla chitarra e in parte dal basso di Waters, Gilmour apre il tono della sua Stratocaster, e nel riff mantiene ancora il suono delicato ma deciso, il tutto accompagnato dallo stile particolare di Mason, e dal continuo nutrimento pianistico di Wright che si occupa anche dei sintetizzatori. Riprendono la strofa (4:14) pressoché uguale se non per il testo, quindi ripetono il riff (4:58/5:27). A 5:29 comincia il solo di chitarra, che ci immerge in una pace con un velo di malinconia. Il solo presenta due suoni, il primo con cui comincia l’assolo è abbastanza “pulito”, forse con un filo di gain, il secondo (che nasce sopra il primo) ha molto più gain, risulta distorto ed è stato aggiunto un delay, in quel periodo Gilmour usava in genere un Dallas Arbiter Fuzz Face per i distorti e un Binson Echorec (progettato e realizzato in Italia) per i delay. Il solo finisce al minuto 7:03 sopra il solito riff, ciò che succede dopo è una vera genialata! A 7:04 infatti si apre un mondo nuovo, un mondo funky in mezzo a quell’universo progressive e psichedelico, quindi adesso il basso di Waters funge da terreno fertile per gli interventi continui di Gilmour con la chitarra e Wright con il suo organo Hammond leggermente distorto, entrambi si alternano nell’intento di stabilire un protagonista, ma la lotta è equilibrata. Risulterebbe davvero difficile e inutile descrivere ogni singolo intervento, possiamo solo dire che Gilmour e Wright continuano con i loro “capricci” fino all’11esimo minuto circa quando l’intera sezione funk svanisce sfumando, e lascia il posto ad un'altra sezione che potremmo definire: Angosciante, inquietante, oscura e misteriosa.

Ciò che sentiamo dalle ceneri del funk è un muro di sintetizzatori, che cominciano a farci viaggiare fino a portarci nei meandri e nelle zone più recondite del nostro cervello, tutto ciò inizia verso l’11°minuto, quando Wright sintetizza il suono caratteristico del vento, e Gilmour comincia a riprodurre quello che poi verrà definito da alcuni il verso dei gabbiani, nato da un errore del roadie che collegò il pedale wha-wha al contrario, ovvero con il jack proveniente dalla chitarra nell’uscita del pedale, e l’entrata del pedale nell’amplificatore, questo errore causò il suono stridulo e incolore della chitarra che caratterizza questa parte, Gilmour riesce a far cantare i gabbiani muovendo i toni della sua strato alzando e abbassando di conseguenza l’intonazione dei feedback, al tutto aggiunge il solito delay Binson Echorec. La grandezza dell’artista sta anche nello sfruttare gli errori a proprio vantaggio, arrivando all’idea indirettamente, e quindi sfruttarla. Il brano in questione anticipa di qualche anno l'ambient sviluppato in seguito da Brian Eno e Robert Fripp (King Krimson). L’intera sezione che dura circa 5 minuti, lentamente si spegne e cede il passo (come si fa in una corsa a staffetta in cui il corridore cede il testimone all’altro) ad un'altra sezione che possiamo definire: la rinascita.

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Un sintetizzatore Moog Modulare (fonte Unsplash)

Il brano quindi rinasce (14:40) e sembra volersi ricollegare con l’idea iniziale, Wright suona un accordo di Si minore su un organo Farfisa COMPACT duo (Azienda Italiana) in un lento e penetrante “fade in”, a 15:05 sentiamo un suono familiare, infatti possiamo udire di nuovo quel “Si” solitario iniziale, che come un fantasma si ripresenta nuovamente, intanto Mason comincia ad accennare una leggera “pioggia” di piatti, da li a poco abbiamo un altro “fade in”, è la chitarra di Gilmour che comincia a suonare in “palm mute” un Si in sestine, a cui poi aggiunge sempre “sestinato” Fa# Re Mi. Wright comincia ad aggiungere fraseggi con il suo organo (17:07), intanto al “ping” del Si aggiunge anche il Fa#, è un continuo crescendo, il tutto si ripete assumendo corpo e massa, la pioggia di piatti presto diventa tempesta, Mason aggiunge anche tom e timpani, Waters segue le note di Gilmour, insomma tutti si danno da fare, è la rinascita del brano, al minuto 18:16 Gilmour comincia ad eseguire dei fraseggi con delle chitarre sovraincise, nello stesso momento aggiunge un’altra chitarra usando uno slide. La rinascita sfocia nella strofa iniziale (19:14), che viene eseguita senza particolari distinzioni con la prima iniziale se non per il testo, la strofa termina con il solito riff 21:20.
Al minuto 21:21 abbiamo l’ultimo piccolo pezzo, ovvero la coda, si tratta di una sorta di conversazione, un dialogo questa volta pacato tra il piano di Wright e la chitarra di Gilmour, che sembrano aver trovato l’intesa per il lieto fine, costruendo un atmosfera serafica, che sembra trasmettere serenità. Ci saluta anche il “ping” che si è presentato spesso durante il brano, l’ultima perla del brano è la riproduzione della scala Shepard ideata dallo psicologo Roger Shepard, creando l’effetto di una scala infinita. Questo effetto viene creato eseguendo una determinata scala suonata contemporaneamente su diverse ottave differenti, variando l'intensità delle scale, in modo che mentre una diminuisce di intensità l’altra aumenta, rendendo ciclico tutto ciò si crea l’illusione uditiva di una scala che sale o scende in eterno.

Si consiglia l'ascolto di "Echoes live a Pompeii"

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