ATE ELENI
Non so se ne eri al corrente ma il loro nome originario è Kongming.
Credo che fossero state inventate per scopi militari mentre ora, nel loro volo, sembrano ricordarci una dopo l’altra i minuti che abbiamo trascorso questa notte. E forse, anche per questo motivo, non è mia intenzione convincerti che le tue parole siano del tutto sbagliate. Dimostrare per forza di cose che sei fuori strada con questa idea che questo momento sia, su per giù, come accendere un fuoco.
Avresti dovuto vederla questa immagine che credo sia nata proprio dentro i tuoi occhi: hai camminato lungamente nel crepuscolo, sotto una fredda coltre di sottile nebbia, sospesa ai raggi della tua torcia da indiscutibile boy-scout, e poi, ad un certo punto, ti sei detto: ho bisogno di tepore.
È senz’altro ambivalente questo sentimento che contiene al suo interno la via che stavi percorrendo e l’immagine della tua mano che accarezza il seno su cui scendono le gocce di quel fuoco che ci circonda.
Dobbiamo essere sinceri, questo piccolo momento di dolore che provo, prima di sentire le unghie che entrano nella mia carne, non ha nulla a che fare con le sovrastrutture mentali del tradimento come carenza del seno materno, o come freudiana trasposizione sull’altro del proprio io. Qui non siamo specchi che cercano un loro riflesso, qui e ora siamo solo stelle e tronchi di legno sull’arenile e un’imbarcazione spiaggiata poco più a sud, che appena si intravede, dietro la tua fronte che sale e plana di nuovo sul mio collo.
Credo tu possa essere d’accordo con me che non ci siamo ritrovati incatenati improvvisamente in quella sfera ineluttabile da cui può prende vita un nuovo mondo, non almeno come la intende Badiou. Il tradimento non è femminile, non è il rifiuto di concedere il seno materno, almeno non di più di quanto non sia l’intuizione di un Dio per poter tessere più trame di quelle che fosse possibile narrare con un solo individuo. Lo sai che domani dovrai discutere di quanto sia importante il rispetto della fiducia primaria, della parola, del logos come ricongiunzione a quanto di più puro e ancestrale ci possa essere nella voce di un padre che ti dice stai tranquillo può fidarti di me.
Ma tutto questo non lo puoi trovare forse nelle gambe che cingono un corpo, quell’intrigo che risiede negli intimi pensieri che si nascondono fra le ombre di parole come tante altre.
Te la dico come una battuta, c’è chi sostiene che dipende tutto dall’attentional disengagement, e se fosse così vorrebbe dire semplicemente che non sei stato abbastanza veloce ad abbassare gli occhi.
Ecco non fraintendermi, non è che con questo voglio sminuire il tuo pensiero di focolare e di tepore come abbraccio o di profumi come muschio e di suoni come salsedine. È solo che tutto questo ha un suo motivo semplicemente biologico che va oltre il me e te su questi granelli di sabbia. Non è meramente legato all’ipnotico ritmo dello sciabordio che accompagna i nostri respiri. È più un qualche cosa che succede senz’altro alle persone, come accettazione della propria natura sleale. E tutto questo è per dirti, fra i tuoi silenzi, che se da domani non ci sarà più modo di sentirci, non sarà che per questo, quando torneremo dai nostri compagni, dovremo sentirci come vuoti. Non è mia intenzione mostrarti davanti agli occhi l’immagine di queste lanterne che svaniscono, come se fosse una languida morale sulla vita, mentre ancora salgono le tue braccia sulla mia schiena e dalla tua lingua si dividono le mie labbra.
Così capisco che fra i detriti organici girano liberamente esemplari di Phaleria nella penombra dorata dell’alba, mentre ti ritrai con i piedi.
Adesso non chiedermi se voglio ancora rimanere.
Quanta intensità, è meraviglioso.
Grazie Piumadoro, gentilissima 😘