Thomas Kuhn (1922-1996), fisico, storico, filosofo, epistemologo, ha proposto una originale analogia, ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1969), tra le rivoluzioni scientifiche e quelle politiche.
“Le rivoluzioni politiche sono introdotte da una sensazione sempre più forte, spesso avvertita solo da un settore della società, che le istituzioni esistenti hanno cessato di costituire una risposta adeguata ai problemi posti da una situazione che esse stesse hanno in parte contribuito a creare. In una maniera più o meno identica, le rivoluzioni scientifiche sono introdotte da una sensazione crescente, anche questa volta avvertita solo da un settore ristretto della comunità scientifica, che un paradigma esistente ha cessato di funzionare adeguatamente nella esplorazione di un aspetto della natura verso il quale quello stesso paradigma aveva precedentemente spianato la strada. Sia nello sviluppo sociale che in quello scientifico, la sensazione di cattivo funzionamento che può portare a una crisi è un requisito preliminare di ogni rivoluzione.”
Quando si pensa alle rivoluzioni nella scienza il primo nome che viene in mente è Copernico, che ha ribaltato una concezione dell’universo consolidata da millenni (mentre non ci si ricorda di Aristarco di Samo che aveva ipotizzato il sistema eliocentrico già 1800 anni prima). Poi si può menzionare Galileo, Newton, Einstein, e altri. Insomma persone che sono intervenute a rivoluzionare i “massimi sistemi”, i paradigmi della scienza. Sarà che sono soggetto a un riflesso condizionato del pensiero marxiano, ma penso che nella considerazione di Kuhn si possa anche leggere la posizione di Marx nel proporre il rivoluzionamento di un paradigma fossilizzato: il socialismo (e il comunismo), come nuovo sistema di rapporti sociali, in opposizione al capitalismo. Anche se non nascondo che spesso provo la sensazione che il nostro Marx sia una sorta di Aristarco della vita sociale, destinato a rimanere incompreso per troppo tempo…