In realtà a ritmo me la cavo abbastanza bene. Tanto che trovo insopportabili i papiri fatti a più mani, in cui una parte ha versi infiniti ed un’altra versi brevissimi (peggio ancora se esce un papiro del genere dallo stesso gruppo di lavoro). In genere non conto mai, però, vado a “orecchio”.
E mi stupisco sempre piacevolmente quanto tutto sommato un verso già lungo suona meglio con l’aggiunta di qualche sillaba, il che comunque prova quello che dici tu sui tempi.
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Questo è il libro del mio prof., potrebbe sembrare un inutile polpettone ma è stato uno dei libri che mi ha aperto più la mente sulla poesia