Fiumelatte (racconto breve)

in #ita7 years ago (edited)

il racconto di oggi è nato dalle 2 parole "viaggio e destino" suggerite da David...Un racconto in ripetizioni...che ne pensate?
A presto e buona lettura #gigli

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Aprii la porta e partii in una mattina d’inverno.
Era freddo.
Il sole, stanco, si nascondeva tiepido tra nuvole impertinenti. Avevo con me due scarpe, due calzini, un pantalone, una maglietta e una giacca… arancione. Pochi altri strani oggetti scollegati. Molti pensieri, molta stanchezza, rabbia, tensione. Partivo carico di ore e attimi non vissuti, ma vissuti.
Imboccai la strada di casa, pronto a non ritornarvi a non ripercorrerla mai più.
Scappavo, pensavo, o partivo?
Un flebile dubbio passò nella mia mente, ma rapidamente la lasciò.
Il vialetto di casa era deserto: troppo presto anche per dei sonnambuli. Percorsi i primi dieci kilometri in silenzio, perplesso, chiuso. Il sole tentò varie volte, senza convinzione, di riapparire, ma nulla.
Non mi fermai mai, non dubitai mai.
Non sapevo dove stessi andando, non avevo meta e non avevo programmi, vagavo seguendo le luci della città, le indicazioni stradali, le persone.
Divenni detective passivo della vita degli altri. Iniziavo a seguirli perché interessato a colori, suoni, espressioni, quando però si accorgevano della mia presenza, delicatamente mi allontanavo e riprendevo il mio girovagare.
Dopo sei ore di cammino, e una breve sosta, mi ritrovai a poco più di sei kilometri da casa: avevo girato troppo spesso in tondo.
Con meno pensieri e più rilassato decisi di abbandonarmi in una pensione.
Cenai una cena svogliata, solo! Mi sentii emozionato e forte per essere partito, ma anche triste e dubbioso di star percorrendo la decisione giusta.
Mi addormentai nel giro di uno schiocco.
Nel sogno mi vidi camminare a passo svelto per strade sconosciute.
“Ehi tu, dove stai andando?”
Un signore sulla sessantina mi guardava.
“Dice a me?” Chiesi cortese.
“Certo siamo soli, con chi altro potrei star parlando?”
“Io sto andando…Sto andando…Sto andando e basta, credo! Non so dove questo viaggio mi porterà.”
“Se non lo sai, sta pur certo che non ci arriverai. Bisogna conoscere la propria destinazione, altrimenti si rischia di girare intorno.”
“In effetti oggi un po’ l’ho fatto…” Dissi sentendomi improvvisamente senza forze.
“Non preoccuparti,” mi rispose con sguardo dolce, “presto lo saprai” e se ne andò.
La mia mente lo seguì nel mondo dei sogni.

Aprii la porta e partii in una mattina d’inverno.
Era freddo.
Il sole stanco, si nascondeva tiepido tra nuvole impertinenti. Avevo portato con me due scarpe, due calzini, un pantalone, una maglietta, una giacca… arancione, e una carta geografica. Pochi altri inutile oggetti scollegati tra loro. Molti pensieri, molta stanchezza, rabbia, tensione. Partivo carico di ore e attimi non vissuti, ma vissuti. Imboccai la strada di casa pronto a non ritornarvi e a non ripercorrerla mai più.
Scappavo, o partivo?
Un flebile dubbio passò nella mia mente, ma rapidamente la lasciò.
Mi fermai alla fine del desolato vialetto di casa e osservai, alla luce chiara di un lampione, la cartina. Scelsi un piccolo paesino che distava circa diciotto km e che aveva un nome buffo: si chiamava Fiumelatte.
Non ci ero mai stato!
Tracciai un cerchio rosso attorno al luogo e segnai anche il cammino da seguire.
Rilassato da questa certezza iniziai il viaggio. Camminai cercando indicazioni e strade, mi concentrai sul percorso dimenticando la vita intorno. Mi fermai poche volte per bere, e feci poi una lunga sosta per il pranzo perché i kilometri accumulati iniziavano a farsi sentire. Mentre mangiavo. studiando la mappa, un uomo sulla sessantina, seduto al tavolo di fianco al mio mi iniziò a fissarmi.
“Salve!” disse vedendo che lo avevo notato.
“Dove deve andare?” Chiese sorridente, “Magari posso aiutarla!”
“Sto andando a Fiumelatte, dovrei essere lì per sera.”
“Come mai va a Fiumelatte?” Chiese sospettoso.
Confuso risposi brevemente: “Vado a visitare il paese.”
“Se non sa perché va in un luogo, il suo viaggio non arriverà a destino,” disse saccente.
“Le ho detto che vado a fare una gita. Anzi adesso è proprio ora di mettermi in cammino. Arrivederci!”
Pagai e uscii all’aria aperta, ma un dubbio mi colse: “Cosa vado a fare a Fiumelatte?” Dubitai e dubitando mi fermai prima di arrivarci in un piccolo Motel. Fu una notte senza sogni.

Aprii la porta e partii in una mattina d’inverno.
Era freddo.
Il sole stanco, si nascondeva tiepido tra nuvole impertinenti. Avevo portato con me due scarpe, due calzini, un pantalone, una maglietta, una giacca… arancione, una carta geografica e dei contanti. Pochi altri inutili oggetti scollegati tra loro. Molti pensieri, molta stanchezza, rabbia, tensione. Partivo carico di ore e attimi non vissuti, ma vissuti. Imboccai la strada di casa pronto a non ritornarvi a non ripercorrerla mai più.
Scappavo, o partivo?
Un flebile dubbio passò nella mia mente, ma rapidamente la lasciò.
Mi fermai alla fine del desolato vialetto di casa e osservai, alla luce chiara di un lampione, la cartina. Scelsi un piccolo paesino che distava circa diciotto km da casa e che aveva un nome buffo, si chiamava Fiumelatte. Non ci ero mai stato, ma dalle dimensioni sembrava un luogo perfetto per poter ripartire e ricostruire ciò che orami sembrava distrutto.
Mi incamminai lentamente conscio di non avere fretta.
Osservai paesaggi e lessi nomi di strade.
Annotai pensieri, immaginai, foto.
Silenzioso, non parlai con nessuno. Fu un viaggio pieno di domande non pronunciate e sofferenti.
Giunto a Fiumelatte cercai l’unica agenzia di affitti del paese. La trovai quasi subito chiedendo informazioni ai passanti. Quando entrai un uomo sulla sessantina mi accolse.
“Benvenuto, come posso aiutarla?”
“Sto cercando un appartamento in affitto.”
“Perfetto, ha qualche preferenza in particolare?”
“No, non davvero. Cerco un guscio, un posto dove sentirmi al sicuro.”
“Capisco. Ha mai vissuto a Fiumelatte?”
“No, in realtà è la prima volta che vengo qui.”
“Ha un lavoro qui? Amici? Parenti? Sogni?”
“No, in realtà ho scelto questo paesino su una piantina.” Sorrisi un po’ imbarazzato.
“Mi scusi, ma senza conoscere il luogo e senza avere alcun motivo per essere qui? Domani posso mostrarle alcuni appartamenti ma se non sa cosa si aspetta…
Prendemmo appuntamento per l’indomani e poi mi feci indicare una pensione in zona.
Ne scelsi una vicina alla chiesa principale.
Quella notte ebbi incubi angoscianti.

Era una mattina d’inverno. Era freddo.
Il sole stanco, si nascondeva tiepido tra nuvole impertinenti.
Erano notti che continuavamo a litigare, ed erano anni che avevamo perso la nostra strada. Ero stanco, arrabbiato e teso. Aprii la porta pronto a lasciare tutto a partire per un nuovo viaggio alla scoperta di una nuova avventura.
Osservai il vialetto di casa deserto di prima mattina e poi mi voltai. Vidi il cane annusarmi i piedi, la mensola del salone pendere, come ormai da anni, verso sinistra. Vidi mia moglie sola nel nostro letto. Vidi i sogni e le speranze. Vidi tutti i viaggi fatti per arrivare fin qui e decisi di rientrare e chiudere la porta.
Presi un giravite e aggiustai la mensola.
Tornai a letto e l’abbracciai.
Avevo deciso di ricominciare.

Immagine CC0 creative commons

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Isa è bellissimo il tuo racconto 😁. Mi è piaciuto molto questo andirivieni di parole che si arricchiscono mano mano....bello... brava 😉

grazie Sara...non ne ero sicura pensavo potesse essere un pò "pesante" l'effeto ripetizione anche se a me piace tanto...il tuo commento però mi da fiducia :) Grazie mille!

Davvero carino e particolare, un racconto bellissimo e struggente, ed il finale romantico è dolcissimo e suggestivo, per un attimo mi sono immedesimato nel tuo racconto, ed ho sentito una brutta sensazione di dolore, perché mi sono guardato dentro, ed avrei davvero voluto essere nei panni del protagonista del tuo post, ma non è possibile, non ci sono più i presupposti, non so quanto dipenda da me e quanto sia addebitabili a condizionamenti esterni, vorrei tornare indietro a qualche tempo fa, ma non vedo la volontà, non vedo le possibilità, è triste ma è così, e non resta altro che la rassegnazione, anche se la speranza è l'ultima a morire, sicuramente avrò le mie colpe e responsabilità, ma sento di essere su due piani diversi, che non riescono più a sincronizzarsi perfettamente.
Scusa lo sfogo, il tuo post mi ha ispirato questi pensieri in quanto l'ho trovato molto bello ed introspettivo, complimenti davvero

Indietro non si torna....ma non è mai troppo tardi per creare un nuovo futuro! Grazie come sempre per essere passato da queste parti e per il tuo commento così sincero! In bocca al lupo :)

L’ho trovato geniale!!! Forse il mio preferito fino ad adesso 😍😍

Che bello!!!! Grazie mille! Vedo che i racconti lunghi prendono di più...

Credo che non dipenda dalla lunghezza ma da un insieme di cose. Questo mi ha preso particolarmente 😊

che bello brava!!

Grazie Nico :)