Cina e Chinatown, invasione o integrazione nel nostro paese?

in #ita7 years ago

Cosa conosciamo della Cina e dei cinesi, a parte il riso alla cantonese e gli involtini primavera? Poco o nulla. E' uno di quegli argomenti di cui si parla tanto, il più delle volte a sproposito, in conversazioni semiserie impastate di luoghi comuni e leggende metropolitane. 


(Chinatown, Seattle, portale d'ingresso)
CC0 Creative Commons 

I cinesi vivono in comunità chiuse, introflesse ed inaccessibili, vivono per lavorare, accumulano grandi capitali in nero, ci stanno colonizzando lentamente ma inesorabilmente e soprattutto non muoiono mai. Non sono falsità totali, a dire il vero. Perfino il più crudo degli stereotipi si fonda spesso su elementi reali, ma la tendenza a banalizzare e ad esagerare è diffusissima non solo al bar dello sport e alimenta un effluvio di chiacchiere e ciarle dure a morire. “Le imprese cinesi ed i cinesi stessi – scrive il giornalista italocinese Francesco Wu sul corrieredellasera.it -  sono alcune volte dipinti come i nuovi invasori, l’avanguardia della Cina nel mondo e quindi anche qui, come se ci fosse un disegno oscuro e pericoloso di Pechino dietro la nascita di ogni singola impresa cinese”.

Va fatta subito una distinzione. Da una parte ci sono le innumerevoli e piccole imprese aperte da immigrati cinesi residenti in Italia, circa 40 mila, cioè 1% del totale delle imprese presenti in Italia. Dall’altra parte le grandi aziende cinesi, già operanti in Cina, che fanno grandi investimenti in Italia alla ricerca di mercato e di know how. Queste ultime sono in un numero esiguo, ma sono spesso realtà multinazionali che fanno investimenti all’estero creando lavoro. Un fenomeno abbastanza recente, si parla soprattutto dagli anni 2000 in poi , mentre avvengono da decenni investimenti tra Paesi occidentali. È vero, siamo abituati a vedere imprese americane, europee e giapponesi, ma non ancora cinesi e indiane oppure arabe, ma il mondo sta cambiando in fretta. La Lenovo ha comprato la Ibm; il nuovo rilancio della Volvo è fatto con capitali cinesi, ma l’anima rimane svedese; la Huawei è una importante azienda nel campo delle telecomunicazioni, leader nel suo settore che opera in molti Paesi tra cui l’Italia, dove crea migliaia di posti di lavoro per ingegneri, tecnici ed impiegati.

Le prime invece sono imprese a carattere familiare, spaziano dalla manifattura, al commercio, all'ingrosso. Soprattutto attività commerciali con vetrina sulla strada cioè negozi al dettaglio, bar, parrucchieri, ristoranti, estetisti. Al riguardo ci sono ormai due consolidate leggende metropolitane. 

La prima è che le aziende cinesi in generale godono di agevolazioni fiscali dovute ad accordi bilaterali Pechino-Roma, poiché la Cina possiede il 13% del debito pubblico italiano e su questo si fa forza per favorire le aziende dei propri connazionali. La seconda è che il Governo cinese stanzia un finanziamento di 200 mila euro per ogni famiglia espatriata che apre un’attività.

Sono tutte e due false. Sulla prima possiamo dire due cose: una normativa che favorisse in campo economico una comunità etnica residente sul nostro territorio piuttosto che un’altra con provvedimenti ad hoc come la tassazione agevolata sarebbe prima di tutto anticostituzionale e quindi facilmente impugnabile. Ma soprattutto per cancellare questo tenace luogo comune basterebbe contattare per chiarimenti un qualsiasi commercialista.

Sulla seconda si può dire che se il governo cinese finanziasse per 200 mila euro ogni famiglia che espatria, in Cina non rimarrebbero i 600 milioni di contadini poveri che sopravvivono a stenti. Inoltre, con un po’ di pragmatismo e calcolatrice alla mano, se si moltiplicano 200 mila euro per 300 milioni di famiglie cinesi risulterebbe una cifra astronomica, 60.000 miliardi di euro, paragonabile al Pil del mondo intero.

“Il successo e la diffusione delle imprese cinesi in Italia, ma anche nel resto del mondo, si basa su una ricetta semplicissima: lavoro, lavoro e lavoro”, spiega Liu Yuwei, rappresentante per il Friuli Occidentale dell'associazione Italia – Cina. Un'etica del lavoro e del sacrificio che, a differenza di quanto avviene tra gli europei, continua a tramandarsi di padre in figlio, consolidando le imprese, che nella stragrande maggioranza si fondano sui legami famigliari. È normale che i figli di commercianti italiani benestanti non vogliano fare gli stessi sacrifici dei genitori soprattutto in quelle attività dove non si guarda né alle ore né alle festività, come accade per bar e ristoranti, ma piuttosto preferiscano fare gli avvocati, architetti, ingegneri o semplici impiegati (o almeno studino per farlo). Così l'impresa famigliare italiana sta scomparendo, mentre per certi tipi di attività sarebbe oggigiorno l'unica strada percorribile.


(Chinatown, San Francisco inizi 1900, un gruppo di migranti cinesi)  
CC0 Creative Commons  

Alcune cifre. I cinesi in Italia sono 332.000, la quarta comunità straniera residente (dopo rumeni, albanesi e marocchini). Le imprese cinesi  sono circa 40 mila e cioè l’1% delle imprese italiane, che sono poco meno di 4 milioni. Torino è da sempre la città italiana più “cinese”. A fine anni Novanta i figli di Confucio erano oltre 15.000, ora sono circa 6.000. Sì, perché il flusso dalla Cina si è già arrestato da un pezzo e la nuova ondata, registrata attorno al 2005, è di cinesi che si trovavano già in Europa, non provenienti dalla madre patria.

A proposito di quanto la comunità cinese sia ermetica... I cinesi sono quasi invisibili, perché, pensano solo al lavoro, non socializzano con gli italiani semplicemente perché non hanno vita sociale o quasi. Il massimo dello svago è ritrovarsi dopo il lavoro con i colleghi e le famiglie, magari in un retrobottega a giocare a majong (una sorta di domino ndr), a fumare e a bere mondai (la grappa di riso ndr). Le uniche loro debolezze sono il gioco d'azzardo e gli abiti firmati. Tra i giovani, però, le cose sono molto diverse. Alcune famiglie sono in Italia da tre generazioni ed i nipoti sono completamente integrati nel sistema italiano. 


(Majong, il gioco più diffuso in Cina)
CC0 Creative Commons   

Altra caratteristica dei cinesi è il forte senso di patriottismo. Tutti, ma davvero tutti, vogliono tornare a morire a casa e, quindi, da anziani se ne ritornano da dove sono partiti. Per questo non ci sono funerali cinesi in Italia se non in caso di morti accidentali. 

L'Associazione Italia – Cina collabora strettamente con l'ambasciata e il governo cinese, soprattutto nell'aiutare i propri connazionali in tutte le incombenze burocratiche. E' difficilissimo che un cinese parli male della propria nazione e del proprio governo. Tutti si dichiarano orgogliosamente comunisti, anche se poi sognano una vita da imprenditori e non resistono alle malie del capitalismo occidentale. 

Oggi, finita l'ondata dei lavoratori, la Cina si prepara ad “invadere” l'Europa con i turisti. La vera sfida da vincere per l'Italia sarà proprio quella di intercettare questo immenso bacino di potenziali visitatori.

 si ringrazia particolarmente per il suo contributo
Piergiorgio Grizzo - giornalista e scrittore  

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bau bau!   

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Bel post, conosco diversi cinesi in Italia e posso dire che comunque anche loro sono molto variegati e c'é molta differenza tra i cinesi che vengono qui a studiare e quelli nati qui figli di ristoratori cinesi

Vero, la così detta "seconda generazione" è quasi perfettamente integrata, il problema se così si può dire è la prima generazione che di fatto tende ad isolarsi.
Sono contenta che ti sia piaciuto il post è grazie per il tuo voto. Se ti fa piacere seguimi :)

bel post, lo ho trovato interessante :)

Grazie per il commento e per il voto !

Bravo! Un post molto interessante con tante informazioni di cui non ero a conoscenza. Sono un po' ignorante sull'argomento per esprimere un'opinione...ma mi hai sicuramente dato voglia di saperne di piu'!

Grazie, sono contenta che ti sia piaciuto, mi sono interessata all'argomento dopo aver partecipato ad un dibattito tempo fa.
Grazie per il voto

Ciao @monopalla!
Articolo davvero interessante e su una tematica non molto affrontata.
Sono un grande amante delle Volvo e posso dirti che l'iniezione di liquidità cinese lasciando tutto il know-how in mano agli svedesi è stata una mossa da maestri.
Negli ultimi 2 anni la Volvo è stato il brand che ha incrementato maggiormente le vendite, inoltre ha vinto il premio auto dell'anno con la nuova XC40.
Credo che il rigore nel lavoro e nella vita della popolazione cinese sia davanti agli occhi di tutti.
Un saluto,
Luca ✌️

Ps Potresti sfatare anche il mito del dove vengono seppelliti i cinesi in Italia?

credo che alla tua domanda ci sia una risposta nel post, mi par di aver capito che loro preferiscono morire in patria, per questo non ci sono funerali e quindi "seppelliti" in Italia, direi che si fanno seppellire in Cina

Vista la sola "riga di spiegazione", ho chiesto ulteriori delucidazioni in merito.
È sicuramente una forma importante di attaccamento alla terra d'origine, ma non riesco a non pensare sia tutto piuttosto "strano".
Un saluto @pojo!