Partecipo al contest theneverendingcontest n° 1 S1-P1-I1
fonte PIXABAY - Immagine CC0 creative commons
Tre braccia.
Gli umani del quinto piano avevano fatto di nuovo casino e, come al solito, toccava ai robot di produzione sistemare le cose.
A Strib (come lo chiamavano gli amici) spiaceva sopprimerlo così piccolo, l’anno prima si era portato a casa un “ciclope” ma era durato solo 4 mesi. “Troppo delicati ‘sti cloni. È inutile girarci intorno...”. Pensò.
Denunciare l’anomalia era controproducente. Ai capi dà sempre fastidio essere colti in fallo, l’ultima volta avevano disattivato due robot per rappresaglia.
Uff! Che scocciatura! E se avesse provato a togliergliene uno? “Magari si riesce a fare.”. Si disse. Chiamò la collega di reparto e le chiese consiglio. $5tre si infuriò: “Non ne voglio sapere niente di queste cose, devi lasciarmi fuori!”.
Ma proprio in quel momento ne uscì un altro con quattro orecchie. “Siamo rovinati!”. Piagnucolò $5tre.
Strib prese in mano la situazione, lanciò nell’ingranaggio una pallina rimbalzina, la macchina si bloccò e le copie fallate smisero di uscire.
Poi prese i due cloni, li infilò sotto il tavolo e attese in buon ordine l’ispezione.
Mirko fece una delle sue solite entrate: il fatto di lavorare con i robot lo esentava - a suo parere - dall’igiene personale e dalle numerose flatulenze.
“Vorrei sapere da dove saltano fuori ‘ste palline.”. Disse guardando in tralice i due robot e poi fece per andarsene.
$5tre e Strib pensarono la stessa cosa: l’idiota non si era accorto dei settaggi sbagliati. Mentre $5tre rimaneva ferma ad angosciarsi, Strib invece buttò lì: “Quanti ne mancano?”. “Che te ne frega?”. Rispose Mirko. “Mi sembrano un po’ pallidi gli ultimi, magari si sta esaurendo il toner”. “Lavora e taci!”. Riprese Mirko, ma poi osservò di sfuggita i livelli di colore. Grugnì soddisfatto perché non c’erano anomalie e se ne andò definitivamente.
A fine turno, i due robot rimasero nascosti nel laboratorio insieme al loro responsabile, Argus, per tentare risolvere la situazione. Si diviserò il lavoro in questo modo: mentre il capo e $5tre individuavano e risolvevano il bug del software di clonazione, Strib doveva estirpare orecchie e braccio in eccesso e, in caso di fallimento, smaltire i cloni con discrezione.
Un rumore angosciante esplose nella notte: Sbroooooot! Mirko era tornato su suoi passi. Prima che i robot potessero nascondersi la porta metallica si aprì con un fragore tremendo.
“Beccati!” e poi, dopo aver visto i cloni: “Cosa state combinando disgraziati? Vi faccio rottamare prima di domani mattina!”.
Il responsabile dei robot si erse sui suoi tre metri di altezza e lo guardò schioccando le pinze, Mirko indietreggiando urtò i cloni che si misero a singhiozzare. “Ma che cavolo!”. Sbraitò.
“Adesso anche tu hai un problema” constatò Argus. “Noi ce ne andiamo e tu stai qui a risolverlo.”
Mirko pallido balbettò: “Maledetti, me la pagherete, vi fondo le guarnizioni!”.
Come in un telefilm anni ’80, la porta si aprì di nuovo ed entrò correndo lo stagista di progettistica. “AAAHH!! EEEEHHH! Che spavento!” Ululò.
Tutti e quattro si voltarono di colpo. Argus, ripiegò gli arti inferiori e tornò più basso degli umani come voleva l’educazione, $5tre e Strib di conseguenza si misero sull’attenti.
Lo stagista fiutando l’aria e storcendo il volto per la puzza, si rivolse ai robot: “Uh mamma! Uh mamma! Lo sapevo io che c’era un errore. Sapete già come fare?”.
Ci furono una serie di sguardi incrociati e poi tutti fissarono Mirko che riprese a urlare terrorizzato: “Ah, no! No! NO! Mi avete rotto, questi li vendiamo!”.
“Orrore!” gemette lo stagista coprendosi il volto pallido.
Un’ora dopo cinque figure incappucciate scivolarono nella notte estiva di un paese del nord Europa (piuttosto luminosa per inciso). “Sei sicuro che passiamo inosservati?”. Chiese $5tre allo stagista. “Zitta lattina”. Fu la risposta.
Al mercato nero dei cloni i due esemplari risultarono invendibili, nessuno li voleva così brutti e il codice inciso sotto al piede li rendeva troppo tracciabili.
La notte scorse via in un baleno e non ci fu verso di piazzarli, di correggerli o di nasconderli.
La mattina dopo il gruppetto, esausto, tornò in azienda; neanche il tempo di bere una tazzina d’olio o di caffè (a seconda dei gusti) che i grandi capi piombarono sulle loro teste.
Proprio in quel momento uno dei cloni emise un gemito attirando l’attenzione di tutti.
Strib improvvisò: “Mi pare che si stia spegnendo ma non trovo la presa di alimentazione”.
Lo stagista ancora mascherato guaì: “Ma che presa!! Questi mangiano! Presto! Presto! Un hamburger!!” E ingozzò i cloni tentando di coprire con le mani i loro difetti.
Uno dei due quasi soffocò con il pane.
Indifferente all’agitazione intorno a sé il presidente della società disse: “Carini i modelli nuovi”.
“Vero?” ribatte il marketing manager. “Una mia idea”.
Che dire? Fantascienza in Luigi-Style :-) Complimenti.
C'è sempre lui dietro :D
Il tuo stile mi affascina di brutto, a prescindere da cosa scrivi! Credo che avrai sempre il mio upvote al 100%, da qui all'eternità. Mi farò clonare, per mantenere questa promessa. :D
Complimenti
Scusa il ritardo nella risposta!
Sono contenta che ti sia piaciuto il racconto, la verità è che non sono capace di essere seria :)
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