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Il 13 settembre 1848 vicino alla città di Cavedish, nella contea di Windsor, l’operaio statunitense Phineas George, addetto alla costruzione ferroviaria, sopravvisse a uno sfortunato incidente: mentre inseriva una carica esplosiva nella roccia per eliminare un ostacolo lungo le rotaie, vi fu un’esplosione accidentale e il ferro di pigiatura che stava utilizzano per comprimere la polvere da sparo gli trapassò il cranio. L’asta di metallo distrusse una grande porzione del lobo frontale sinistro del suo cervello, ma l’operaio sopravvisse e dopo pochi minuti era di nuovo in grado di parlare. Dopo tre settimane poté rialzarsi dal letto e uscire di casa, continuando la propria vita in maniera autonoma. Ciononostante, l’incidente comportò alterazioni della sua personalità e del suo comportamento per i restanti 12 anni. La sua personalità cambiò infatti radicalmente: diventò irritabile, incline ad atteggiamenti aggressivi, osceni ed esasperanti. In particolare, risultò evidente la totale privazione di freni inibitori sul piano verbale e l’incapacità di formulare previsione sulla base di dati acquisiti, con la conseguente incapacità di valutare i rischi delle proprie azioni. Così diceva di lui Walter Rudolf Hess:
Egli è sregolato, irriverente, indulge talvolta nella bestemmia più volgare (che in precedenza non era suo costume), manifestando poco rispetto per i suoi compagni, intollerante verso limitazioni o avvertimenti quando questi vanno in conflitto con i suoi desideri, talora tenacemente ostinato, capriccioso ed esitante, progetta molti piani per il futuro, che vengono tuttavia abbandonati, anziché essere organizzati, in favore di altri piani che sembrano più facilmente attuabili […]. La sua mente era cambiata radicalmente, in modo così marcato che i suoi amici e conoscenti dissero che «non era più Gage.
Questo sfortunato operaio divenne uno dei casi più famosi nel campo della neurologia, e le sue vicende portarono a profondi cambiamenti riguardo lo studio clinico e scientifico delle funzioni cerebrali e della corrispettiva localizzazione, soprattutto riguardo la sfera delle emozioni e della personalità.
Solamente nella seconda metà del XIX secolo, infatti, i neurologi giunsero alla conclusione che i meccanismi fondamentali quali il linguaggio e le competenze motorie avessero radici in regioni cerebrali specifiche. Tuttavia, questi principi non includevano la sfera delle convinzioni morali e dei comportamenti sociali.
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Da Phineas in poi…
Riflessioni e studi successivi a questa vicenda hanno portato allo sviluppo di nuovi e discussi metodi clinici, quali la lobotomia prefrontale, per curare disturbi comportamentali di varie tipologie. Il dottor Sarles eseguì per la prima volta nel 1890 alcune lobotomie parziali su pazienti di un ospedale psichiatrico in Svizzera. Estrasse porzioni di lobi frontali del cranio mediante fori praticati con il trapano. Il primo intervento di lobotomia controllata venne invece praticata dal medico Antonio Egas Moniz nel 1936, che distrusse la sostanza bianca dei lobi frontali mediante fori praticati in vari punti del cranio, all’intero dei quali iniettò alcol. Moniz vinse il Premio Nobel per la medicina nel 1949 (uno dei premi più dibattuti nella storia). Nel 1949 venne poi sviluppata una nuova procedura clinica: la lobotomia transorbitale. Questo approccio prevedeva l’utilizzo di un punteruolo chirurgio, definito orbitoclasto, lungo 20 cm e spesso 5 cm, per trapassare lo strato osseo sopra la palpebra. Questo punteruolo veniva infine mosso energicamente per recare un danno alla porzione del lobo frontale.
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La lobotomia era un intervento finalizzato alla recisione delle connessioni della corteccia prefrontale dell’encefalo, al fine di determinare un radicale cambiamento della personalità. In particolare questo intervento psicochirurgico trattava una vasta gamma di malattie psichiatriche quali schizofrenia, depressione, psicosi maniaco-depressiva e disturbi derivati dall’ansia. Oggi, naturalmente, interventi così invasivi non sono più praticati, ma si preferiscono interventi meno distruttivi e più selettivi in casi di epilessia se il paziente è farmaco resistente (es. leucotomia temporale anteriore).
Studi successivi riguardo le aree associative della corteccia cerebrale hanno fornito risultati riguardanti la natura della localizzazione delle funzioni cognitive. Oggi sappiamo che questo concetto non implica necessariamente un rapporto di connessione esclusivo tra una determinata funzione e una regione cerebrale. Al contrario, sembra ormai chiaro che più aree di una regione siano strettamente in rapporto tra loro per una specifica funzione. Le principali cortecce associative sono la corteccia associativa limbica, la corteccia associativa parieto-temporo-occipitale e la corteccia associativa prefrontale. Tutte queste aree associative prendono parte al movimento volontario, la memoria, il linguaggio, la percezione sensoriale e il comportamento emozionale.
La medicina di oggi
L’area prefrontale è una delle ultime componenti dell’encefalo a svilupparsi completamente. Matura attraverso l’esperienza e la pratica, e il suo sviluppo si conclude intorno all’età di 24 anni.
I lobi frontali sono coinvolti nella regolazione dell’attività motoria acquisita e nella pianificazione e organizzazione del comportamento. L’area associativa prefrontale, tra le varie funzioni, conferisce la capacità di soppesare le conseguenze di azioni future e pertanto, di pianificare di conseguenza il proprio comportamento. Sono state identificate due aree dell’area associativa prefrontale: la corteccia associativa orbitofrontale e prefrontale. La corteccia orbitofrontale è implicata nel sistema limbico e, pertanto, nel condizionamento dell’emotività e del comportamento. Si osserva in particolare una connessione diretta con un strutture limbiche tra cui l’amigdala, coinvolta nel controllo delle reazioni di paura e di aggressione. Il sistema limbico è costituito da strutture multiple con complesse connessioni neurali che proiettano tutte all’ippocampo. Le strutture più rilevanti sono l’amigdala e l’ippocampo. Alterazioni nella comunicazione di queste strutture possono comportare danni comportamentali e danni alla memoria.
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Si osserva una correlazione tra specifiche anomalie comportamentali e la localizzazione di lesioni in porzioni dell’area prefrontale. In particolare si osserva come alterazioni nel comportamento, varino anche in base all’estensione e all’età di sviluppo in cui queste lesioni si verificano. Nel caso in cui le lesioni siano estese ma non presentino un accrescimento rapido e non coinvolgano entrambi i lobi frontali il paziente può non riportare evidenze sintomatiche. Lesioni nella regione fronto-basale estese si riflettono solitamente in comportamenti di indifferenza alle proprie azioni, disattenzione, apatia e incontinenza. Invece pazienti che presentano lesioni fronto-polari o antero-laterali sembrano incapaci di percepire le conseguenze delle proprie azioni, volgari euforici e spesso distruttivi. Infine, comportamenti scomposti, agitazione, atteggiamenti invadenti e logorrea sembra abbiano radici in traumi acuti bilaterali delle aree prefrontali.
Recenti studi suggeriscono un ruolo nella pianificazione strategica delle attività motorie superiori della corteccia frontale.
Piccole lesioni della corteccia di esemplari di scimmie, comportano un’alterata capacità di eseguire movimenti complessi che richiedono per poter essere attuati un processo di memorizzazione a breve termine.
Si osserva pertanto un deficit nella memoria operativa e nella capacità di immagazzinamento temporaneo di informazioni necessarie per guidare un’azione futura.
Conclusioni
Come spesso accade nella storia umana, grandi scoperte sono rese possibili da pagine molto “scure” che narrano di atti terribili e oggi non più condivisibili. Le vicende di Phineas Gage hanno dato il via a una serie di esperimenti talvolta crudeli, eseguiti senza il consenso dei pazienti, che oggi sarebbe impossibile replicare. Ciononostante, sarebbe sbagliato definire “cattive” delle scoperte solo perché ottenute con mezzi sbagliati.
Al contrario, dovremmo essere in grado di usare le informazioni che oggi abbiamo per maturare una coscienza critica che ci permetta di valutare le azioni di chi ci circonda in modo diverso, considerando la possibilità che, a volte, il modo in cui ci comportiamo possa non dipendere unicamente dalla nostra coscienza.
Si deve incominciare a perdere la memoria, anche solo brandelli di ricordi, per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza memoria la vita non è vita… La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla…
Così scrisse Luis Bunuel. Aveva ragione? Possiamo definire un individuo solo in base alle esperienze da lui vissute grazie alle quali ha sviluppato una sua unica personalità? Concetti quali personalità ed emozione potrebbero avere radici e spiegazioni fisiologiche più complesse di quanto crediamo. Attraverso una lesione (come nel caso dell’operaio americano) un individuo potrebbe cambiare personalità, cambiare il modo di essere, diventare una nuova persona.
Cosa sono allora le emozioni? Sono solo il risultato scaturito da un’organizzazione cerebrale che si è sviluppata durante l’evoluzione e che è stata selezionata?
è con la nostra faccia che affrontiamo il mondo, dal momento della nascita a quello della morte. È su di essa che sono impressi la nostra età e il nostro sesso. Le emozioni, quelle esplicite e istintive di cui scrisse Darwin, e anche quelle nascoste o rimosse di cui parlò Freud.
Immagine CC0 Creative Commons, si ringrazia @mrazura per il logo ITASTEM.
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Fonti
- Definizione lobotomia
- Storia di Phineas Gage
- Neuroscienze
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Bellissimo! Ho studiato questo caso in neuroscienze abbinato agli studi di pazienti con lesioni cerebrali e lesioni virtualmente indotte a scopo di studio! E' pazzesco quanto il nostro cervello sia super organizzato ed ogni area responsabile di un particolare funzionamento del nostro corpo, seppure riprendendo l'idea della Gestalt, tutte le nostre componenti lavorano insieme e si supportano reciprocamente cercando di sostituire eventuali zone danneggiate, anche se in certi casi ciò non è possibile e si verificano ad esempio patologie come agnosia ottica, prosopagnosia, alessia, disturbi a livello cognitivo-comportamentale come quello da voi sopracitato, e così via! Veramente bravissimi complimenti!!!!!
Grazie ;) è proprio così comunque... Il nostro cervello è sorprendente (più per la sua organizzazione che per le idee che partorisce), e la parte più sorprendente è il modo in cui le diverse aree interagiscono tra loro... Anche se ci si sta provando, siamo ancora molto lontani dal comprenderlo...
Giusto! Nonostante ciò le neuroscienze sono proprio in cerca di queste risposte, chissà!
Tempo fa avevo scritto un articolo simile: https://steemit.com/neuroscienze/@gabriele-gio/un-monito-ai-trader-proveniente-dalle-neuroscienze-1508581006-6660151
Bello il collegamento col trader... Personalmente credo che i danni cerebrali siano solo uno dei tanti tasselli che formano la nostra mente, e di conseguenza il nostro essere. Noi siamo abituati a balalizzare un po' tutto, anche il nostro cervello, ma è qualcosa di davvero complicato.
Per quanto riguarda il trading, riesco a sbagliare anche senza una barra di metallo infilata nella testa :D
It is very interesting the life of Phineas Gage, I had no idea of all the things that happened to him and how they contributed to neuroscience.
It was certainly a great contribution, but I'm sure he would have preferred not to give it to us :D
Absolutely, and more when this contribution involves having a metal bar crossing your skull :)
Hi @spaghettiscience!
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