La cittá dei due mari: Istituto Talassografico “Cerruti” e il suo museo – (Parte 7)

in #ita7 years ago

Il laboratorio demaniale di biologia marina ( in seguito Istituto talassografico) sorse nel 1914 ed ebbe come primo direttore Attilio Cerruti, cui é dedicata l’attuale sede in via Roma.

Dalle competenze del demanio marittimo, la struttura passò al Cnr nel ’46 e, assumendo la denominazione di Istituto talassografico, fu affidata al Ministro agricoltura e foreste. Nel 1977 passò definitivamente al Cnr.
L'attività scientifica é stata tradizionalmente legata alla oceanografia biologica e chimica dei mari pugliesi, con particolare riferimento allo studio del bacino del Mar Piccolo e alle sue sorgenti sottomarine.

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(Immagine di mia proprietà)

Ora é predominante la ricerca riguardante la biologia e l’ecologia degli organismi marini e lo studio dell’inquinamento delle acque della fascia costiera; nell'ambito di questi settori, l’istituto svolge attività di consulenza scientifica e di certificazione per conto di terzi ed enti pubblici e privati del territorio.

Il programma di rinnovamento del Talassografico é rivolto allo sviluppo di nuove linee di ricerca e al potenziamento dei laboratori, come la tecnologia avanza.
Preziosa é la disponibilità di un battello oceanografico ben attrezzato per i campionamenti di benthos e di plancton.

Nel corso del biennio 89-90 sono state avviate numerose collaborazioni scientifiche con Istituti di ricerca di Grecia, Francia, Portogallo, Inghilterra. La fortuna dei ricercatori che lavorano li è proprio questa di viaggiare. Ogni anno si organizzano più meeting in tutte le parti del mondo, l’ultimo proprio in questi giorni a Las Vegas, dove mia zia ne era partecipe. Un lavoro a dir poco interessante, proprio perché mette a confronto diversi studi e diverse Nazioni.

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I misteri degli abissi marini sono svelati in tre ampie sale del museo talassografico, sorto nell'ambito delle attività di ricerca dello stesso istituto agli albori degli anni Sessanta. Ne furono ideatori i prof. Vattova e Parenzan, che raccolsero i reperti oggetto di studio e provenienti dai mari italiani e da quelli tropicali.
Non essendo il Talassografico incaricato espressamente di guidare le visite di studenti e anche di semplici appassionati, il tutto è lasciato alla buona volontà dei tecnici dell’istituto.

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(Immagine di mia proprietà)

Nella prima sala, praticamente dedicata ai vertebrati, fanno spicco alcune vetrine con esemplari di malformazioni fetali.
V’è, per esempio, uno squalo con due teste e un altro con colonna vertebrale elicoidale, entrambi raccolti da pescatori nel Golfo di Taranto e successivamente consegnati al Talassografico. Dicono gli esperti che queste malformazioni sono più numerose di quanto si pensi, ma gli esemplari, una volta fuori dal grembo materno, hanno vita brevissima.

Altrettanto impressionante il museo feroce, ma solo in appartenenza, di uno squalo gigante, lungo fino a quindici metri che in realtà si nutre di plancton. L’esemplare fu pescato a Gallipoli negli anni Sessanta.
Suscitano, ancora, curiosità, il “Mola-Mola”, altrimenti detto pesce luna, dal diametro di almeno quaranta centimetri e dalla forma cosi atipica da farla rassomigliare a una tartaruga, e il cosiddetto pesce-porco, uno squalo dal corpo tozzo a forma triangolare.
Nel mezzo della sala, imponente, c’è un esemplare mummificato di foca monaca (quella sopra in foto), che fino a qualche ventennio fa veniva frequentemente avvistata dei pressi di Otranto.

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La seconda sala è detta “del Benthos”, cioè comprende tutti quelli organismi che vivono sul fondo marino: alghe, crostacei e echinodermi.
Abbastanza impressionante è il Limulus, un vero fossile vivente, cioè un crostaceo che assomiglia vagamente a un granchio, che non ha mai conosciuto evoluzione.

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Nella sala dei molluschi è splendida una rassegna di conchiglie tropicali, in massima parte proveniente dalla collezione privata del prof. Parenzan, in passato direttore del Talassografico.
Spicca una gigantesca Tridacna, del Mar Nero, che in alcune famose chiese del Napoletano viene addirittura usata come acquasantiera, e il Nautilus, degli Oceani, ormai l’unico esemplare vivente del suo genere. Va citato anche un piccolo campionario di perle coltivate, dalle diverse varietà tonali.

Finisce qui il mio bel percorso su questo fantastico Istituto, spero vi sia piaciuto.
Un abbraccio da steem.dollar.

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Sort:  

Ogni volta che metterò i piedi sul bagnasciuga a Baia Verde penserò allo squalo mangia plancton... o alla foca monaca vicino alla Baia dei Turchi 😩

CHE SPETTACOLO... MAMMA MIA QUANTE VOLTE CI SONO ANDATO!!!

Bel post man !!!

Non lo conoscevo! Davvero interessante, la prossima volta che mi trovo da quelle parti spero di ricordare di farci un salto.