Analisi.
Analisi logica, grammaticale, del periodo.
Analisi finanziaria, ma anche analisi matematica.
Analisi psicologica, analisi oggettiva, soggettiva, obiettiva.
Analisi del sangue ed analisi della composizione chimica, fisica, biochimica, biofisica, fisico-chimica, biofisicochimica, molecolare, nucleare, particellare.
Analisi facciale, espressiva, dell’umore, della condizione, della consistenza, della fibra.
Analisi.
Tutto è soggetto ad una possibile analisi. Sommaria o particolarmente dettagliata, poco importa, purchè sia analizzabile.
E noi, popolo di Poeti, Santi, ma soprattutto Navigatori Internet, siamo bravissimi ad analizzare e criticare il quotidiano che ci circonda.
Siamo abili trasformisti, in grado di passare in un lampo da statisti con idee politiche ben precise, ad allenatori di calcio competenti in campo internazionale. Riusciamo a predire che tempo farà, guardando la cima del monte di fronte casa, lamentandoci contemporaneamente con uno sconosciuto, in fila per pagare un bollettino.
Su una cosa, però, siamo imbattibili.
Qualsiasi sia la questione oggetto di discussione, qualsiasi sia la competenza a riguardo delle parti che ne prendono parte, ci sarà sempre un solo vincitore, colui che con il cuore ricolmo di orgoglio e gli occhi pieni di lacrime, potrà proclamare con il petto proteso in avanti, un glorioso “te l’avevo detto”.
Critici, dunque. Siamo tutti critici. Ma come ce la caviamo, invece, con l'autocritica?
L’autocritica è un’arma a doppio taglio. Spesso infatti, questa restituisce un’immagine distorta di sé stessi, che porterà ad un’autovalutazione troppo severa o troppo indulgente.
Nessuno dei due casi, sarà un terreno fertile per un miglioramento.
Essere troppo indulgenti, non permetterà di valutare e correggere i propri errori, al contrario essere troppo severi farà emergere sbagli anche dove non ce ne sono.
Ma, seppur rischiando di scivolare in uno dei due estremi, perché non provare ogni tanto a fare un po’ di autocritica?
Cercherò di dare il buon esempio, e inizierò io.
Per chi se lo fosse perso, sto prendendo in considerazione la mia prima esibizione da cantante, con la fantasmagorica band Luxurya che si può vedere qui
La location.
Il primo concerto avvenne in un Ristorante. Quasi tutte le più famose rockband, in età adolescenziale, hanno avuto i loro esordi in locali non adatti alla musica dal vivo, o in concerti di fine anno del liceo. Tutto sommato, perciò, un esordio all’interno di un locale pubblico, seppure in un evento privato, poteva essere considerato un buon auspicio per una gloriosa carriera.
L’allestimento.
La presenza di Luca nel gruppo, dava accesso a una quantità di strumentazione impensabile per ogni altra band di adolescenti della zona. Le chitarre avevano gli amplificatori così come pure il basso. Le casse, adatte anche ad una serata all’esterno, erano decisamente sovradimensionate per quella location. Io avevo a disposizione sia l’asta, che il microfono, che il leggio. Aveva un microfono anche il violino.
Ultime, ma prime per importanza, le luci colorate. Il vero tocco di classe della nostra performance, erano delle lampadine colorate grosse, a forma di fungo porcino, collegate a un altrettanto professionale sistema che le faceva accendere a ritmo.
Forse avremmo dovuto direzionarle più verso di noi, che verso un incolpevole pubblico ipnotizzato dall’intermittenza , ma sono errori che è lecito commettere la prima volta.
Ed ora passiamo ad a analizzare la performance vera e proprio.
La band
Luca, il tastierista, come anche il batterista, sono per lo più coperti dalla loro strumentazione. Ad ogni modo non hanno posto particolare attenzione al look, non mi ricordo come fossero vestiti e dal video non si capisce.
Il bassista, si cala leggermente meglio nella parte. Abbina ad una felpa nera col cappuccio, uno smanicato di jeans che fa molto Motorhead. Su Amore disperato calza a pennello.
Il chitarrista, azzarda un abbigliamento semi impegnato, con camicia bianca a contrasto su maglione di lana nero. Abbinato alla sua chitarra, e perfetto come invitato della festa.
Il secondo chitarrista, quello spaesato durante le prove, appare come un passante a cui è stato messo in mano uno strumento di cui non conosce la provenienza. Non trovando appieno la sua identità all’interno della band, adotta un abbigliamento sportivo, felpa con cappuccio grigia, adatta a scampagnate e ogni tipo di attività all’aria aperta.
Il violinista. C’è un violinista. Il violinista, festeggiato, sfoggia un pantalone elegante nero che calza comodo, con un maglione di lana, anch’esso nero e anch’esso comodo.
La performance.
Globalmente la performance, fa schifo. Particolarmente la performance, fa schifo nei seguenti punti:
Il batterista – con la teoria della relatività ben impressa nella mente, posiziona il tempo su un piano cartesiano, dove le X sono i piatti e le Y i tamburi. Accelerando o decelerando in modo arbitrario, casuale e graduale, regala a tutta la band la sicurezza che solo una fiat Panda 30 su terreno fangoso sa regalare.
Il tastierista – possiede una strumentazione importante, costosa, vuole metterla in mostra, farla sentire. Anche quando non richiesto, il background da intrattenitore di balera esce allo scoperto, se ne impossessa, e regala all’orecchio dell’ascoltatore escursioni nel twist, poco importa se stai eseguendo Albachiara.
Il chitarrista – corde nuove? Accordatore rotto? Amplificatore che fino a ieri suonava in un modo ma stasera “non so che ha, non lo sento mio”? Chi può dirlo. Ogni chitarrista ha un elenco di scuse paragonabile a quelle di un ritardatario cronico, e non ci crederete, ma spesso le due tipologie coincidono. Fatto sta, che la chitarra solista qui è scordata. Parecchio scordata.
Il secondo chitarrista – in tutto il tempo in cui i Luxurya hanno avuto due chitarre, non ho mai capito quale fosse il suo posto, ma mi sono sempre chiesto anche quale fosse il suono della sua chitarra, cosa suonasse, e cosa ci facesse li. Lo sto riascoltando dopo venti anni, e ancora non ho capito.
Il bassista – se non ricordo male, era pochissimo che suonava con noi, e si vede. Cerca di leggere disperatamente nel buio della sala (ma gli ospiti sono illuminati a giorno dalle luci stroboscopiche) le partiture, o quello che è, sul proprio leggio. La sua fortuna, è che non si sente. E che in generale, il bassista è un chitarrista che non ce l’ha fatta. (come ho spiegato qui)
Il violinista. C’è un violinista – tutti vi starete chiedendo: ma che cavolo ci fa li un violinista? E siccome siamo qui per dire tutta la verità e nient’altro che la verità, confesso. Il violinista è il cugino di Luca, il tastierista, nonché vicino di casa. Un raccomandato, insomma.
Per quanto fosse tra i più bravi della band, e per quanto fosse il suo compleanno, non c’entra niente. E’ fuoriluogo, suona cose perché non essendoci cose da suonare una cosa vale l’altra. Col risultato che ne consegue.
Chi manca?
Ah, giusto. Autocritica, dicevamo.
I più attenti di voi, nel lungo periodo precedente, avranno notato come abbia da un certo punto in poi, iniziato a dare importanza al mio aspetto, a presentarmi.
Un normale adolescente, senza segni particolari, o atteggiamenti che facessero pensare a un poeta maledetto del Rock.
Anche in occasione delle serate con mio fratello, non mi preoccupavo mai particolarmente del mio look. Non ho mai passato ore davanti lo specchio, a posizionare ogni dettaglio al suo posto.
Ora, però, ero un cantante, o almeno mi promettevo di esserlo.
Il pubblico, da un cantante ha parecchie aspettative, non potevo lasciare nulla al caso.
Ma oltre ad essere un cantante, ero il frontman di una band, il catalizzatore delle attenzioni di tutti. Su una cosa, già dalle primissime prove eravamo d’accordo: se avessi fatto una buona performance, sarebbe risultato bravo tutto il gruppo, se avessi fatto schifo, non avrebbero prestato attenzione nemmeno al resto della band.
Da grandi poteri, derivano grandi responsabilità.
Per la serata, mi sarei dovuto trasformare in un cantante Rock.
Ma, io non lo sapevo come era fatto un cantante Rock!
Non ascoltavo musica, come già detto, non avevo preferenze musicali ed avevo appreso per osmosi qualcosa dai gusti di Fabio. Niente di più. Fino a poche settimane prima, io e la musica ci odiavamo quasi quanto io e la matematica.
Decisi che un cantante Rock, dovesse essere uno che avesse uno stile eccentrico, alternativo, particolare.
Ma anche in questo caso, i miei capi di abbigliamento non avevano nulla di eccentrico. Avrei potuto vestirmi tranquillamente come il secondo chitarrista, ma non come un cantante Rock.
Iniziai allora a girare casa, rivoltando tutti i cassetti.
Partii da una t-shirt, che avevo comprato a Barcellona, e che secondo me era tantissimo bad boy: era totalmente bianca sul davanti, con una scritta calella sul petto a sinistra. Dietro, sulle spalle, c’era un pupazzetto che da lontano faceva la pipì in faccia ad un altro pupazzetto. Una cosa veramente da duri.
Era tre taglie più grandi, perché avevano solo quella, ma tanto era il desiderio di averla, che la presi uguale.
La strada era quella giusta.
Tra le cose di mio padre, trovai una salopette da imbianchino, nuova. Bianca, candida.
Sul petto c’era una pubblicità di vernici, ma tanto sarebbe andato sotto la maglietta, non si sarebbe visto. Si sarebbe visto solo un pantalone bianco. E un pantalone bianco, era un’alternativa shock rispetto al classico jeans.
Si, poteva andare.
Fino a questo momento, sembravo un gelataio. Serviva qualcos’altro.
Continuai a cercare, e sempre tra i preziosi cimeli di mio padre, trovai un camice. Blu, distrutto.
Uno di quelli che usano i carrozzieri, per intenderci (ma mio padre perché aveva tutte quelle cose?). Il tocco di classe, il capo d’abbigliamento definitivo, punk fino al midollo, con il suo aspetto di chi ne ha viste tante.
Un paio di doctor martens nere, nuove fiammanti, erano nel cassetto come scarpe buone e le tirai fuori per l’occasione.
A incorniciare una tale opera d’arte, acquistai da un ambulante un paio di occhiali da sole con le lenti gialle, mi feci un pizzetto sottilissimo per emulare l’uomo vissuto, e mi passai sui capelli a spazzola una specie di rimmel colorato, verde.
Un gelataio, in vestaglia. Come dice @gianluccio
Sovversivo!
La mia performance.
La prima cosa che risalta, anche agli occhi dei meno esperti, è il mio totale agio al cospetto del microfono.
Non so dove mettermi, se prenderlo, se lasciarlo sull’asta, se tenerlo con la mano destra, sinistra. Insomma, non ho idea di che cosa farci.
La seconda cosa che risalta, è che qualsiasi cosa faccia, trasmetta una noia mortale.
Mi muovo piano, paralizzato non dall’emozione, quanto dal disagio. Un carisma che si fonde perfettamente con quello che trasmette il resto del gruppo, una totale armonia che non c’è.
Più che una band, sembra una jam session di gente che vorrebbe imparare a suonare.
Per fortuna, però, da bravo frontman, con la mia voce porto le emozioni su un piano superiore della sensibilità.
E allora che importa che l’attacco sia fuori tonalità, che la voce sia costantemente calante, e che per tutta la durata della performance riesco ad essere talmente privo di verve e cantare in maniera talmente sterile, che a confronto l’amuchina è acqua fresca?
Grazie all’autocritica, avremmo potuto identificare tutte queste lacune, porci alcune domande, e cercare almeno qualche risposta.
Ma noi, le domande, non ce le facemmo proprio! Ma quale autocritica!
Eravamo una band, avevamo fatto un concerto, e chissà quante altre migliaia ne avremmo fatti da li in poi.
Trovammo quella performance sublime, memorabile.
Io e Luca, eravamo talmente tanto galvanizzati e ormai in sintonia, che salimmo su un traghetto low cost, e ce ne andammo in Croazia.
Bell'idea il tuo articolo...
Complimenti.
Grazie a te per essere passato😉
Anche io come @gianluccio mi ero interrogata sul tuo abbigliamento ma me lo sono tenuto 😂😂
Svelato l’arcano!!!
Oramai eravate pronti per firmare autografi a destra e manca e andare in tour 😂
Salopette da imbianchino e camice da lavoro... è peggio di quello che credessi. Ma il tuo target erano i vecchi a bordo-marciapiede durante i rifacimenti del manto stradale? :D Comunque eravate scalcinati ma almeno avete trovato il coraggio di esibirvi, già quello non è da tutti ;)
L'obiettivo era distrarre i vecchi per sedurre le mogli! 😂
Non solo abbiamo trovato il coraggio per farlo, abbiamo avuto la faccia tosta di continuare a ripetere l'errore!