CDUMDS. Capitolo 7 - Sound, non suono

in #ita7 years ago (edited)

Le registrazioni non erano il massimo, c’erano diversi errori di esecuzione, come era facilmente prevedibile. Avendo concordato quattro tentativi (in gergo take), il primo era stato affrontato come giro di prova, come nei giochi di società, quando nessuno vince o perde.

Ascoltammo i brani insieme, poi io e il tecnico ci lanciammo un’occhiata di arrendevole accettazione, e decidemmo il brano con cui iniziare. With or without you, degli U2.

Mi accompagnò nella stanzetta affianco alla sala di regia. Non c’era molta luce all’interno, e quel poco che arrivava dall’unica lampadina, veniva catturata dal grigiore dei pannelli piramidali, fondamentali per non far restituire l’eco dalle pareti.
Al centro della stanza, già in posizione, c’era un’asta con alla sommità una specie di guscio a ragnatela, nero, ed incastonato al centro si ergeva un microfono dalla forma diversa rispetto a quelli a cui ero abituato. Era un cilindro di metallo, color champagne, con una retina metallica a dividere in due l'estremità superiore.
In primo piano, una retina nera, dentro una cornice anch’essa nera, sorretta da un braccio snodabile, era il mio bersaglio.

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Immagine CC0 Creative Commons

Mi trovavo al cospetto di un microfono a condensatore, una tipologia di microfono ultrasensibile, in grado di captare ogni singolo respiro, che può arrivare a costare decine di migliaia di euro. Viene in genere sorretto dalla ragnatela, che funge da ammortizzatore, perché un colpetto, seppur minimo e accidentale, verrebbe captato, amplificato e registrato.
La retina posta in primo piano, invece, è un meno nobile filtro per la saliva, e soffi indesiderati.

Mi lasciò solo, di fronte a quel microfono, e un paio di cuffie in testa.
Cercai di rimanere il più distaccato e neutro possibile, perchè la timidezza, il nervosismo e l’ansia da prestazione della prima volta, sarebbero altrimenti finite direttamente sul disco, respiro dopo respiro.
Il suono della mia voce, sarebbe stato condizionato fortemente dal mio stato d’animo.

Il suono. Ma che cosa è il suono, e come funziona?

Parlando del mio approccio con il sax, qui, vi ho descritto come si produce il suono all’interno di quello strumento musicale. Brevemente, una vibrazione di una piccola linguetta di legno, detta ancia, viene amplificata dalla forma conica del sax.
Ebbene questo meccanismo di base, è comune a qualsiasi strumento musicale, al netto delle differenze costruttive e della scelta dei materiali.
Alla base di un suono, infatti, c’è una vibrazione di un corpo che oscilla. Si propaga nell’aria o all’interno di un qualsiasi mezzo elastico, e viene percepita dal nostro apparato uditivo, che dopo complesse elaborazioni, la trasmette alla membrana timpanica.
Uno strumento musicale qualsiasi, si basa su una vibrazione fondamentale. Questa viene amplificata da una componente chiamata cassa armonica e modulata da una tastiera, che si occupa di regolarla (come accade negli strumenti a corda, ad esempio), o di regolare il flusso d’aria (come accade negli strumenti a fiato), permettendo di ottenere le note.

Facciamo qualche esempio, per chiarire il concetto.
La chitarra.
Il suono viene prodotto dalla vibrazione delle corde, e amplificato dal corpo della chitarra, la cassa armonica.
Premendo con le dita le corde sulla tastiera, vengono bloccate a una distanza differente da quella in cui sono ancorate, aumentando o diminuendo la lunghezza a disposizione della corda per vibrare.
Una lunghezza minore produrrà un suono più acuto, una lunghezza maggiore, e quindi una libertà di movimento oscillatorio maggiore della corda, un suono più grave.

La batteria.
La vibrazione fondamentale, viene prodotta dalla bacchetta che colpisce la pelle del tamburo o il piatto. La cassa armonica delle pelli è il tamburo stesso, più piccolo permette uno spostamento d’aria minore e quindi un suono più acuto, più grande permette uno spostamento d’aria maggiore e quindi un suono più grave. Il piatto non ha bisogno di cassa armonica, perché toccandolo si mette in vibrazione una superficie sufficientemente grande, da emettere un suono a volume sostenuto.

La voce.
La vibrazione fondamentale, viene prodotta dalle corde vocali, che vibrano al passaggio dell’aria, con un meccanismo più simile a quello del sassofono piuttosto che a quello della chitarra. La cassa armonica, l’amplificatore, è il diaframma, che incamera aria e la spinge con una pressione notevolmente maggiore a quella che riuscirebbero a dare i polmoni. La tastiera della nostra voce, invece, è un complesso insieme di postura, cassa toracica, faringe, gola ed elasticità delle corde vocali. La qualità del suono prodotto dalla nostra voce, risultante di tutte queste caratteristiche uniche, è un marchio di fabbrica di difficile contraffazione.

Questo marchio di fabbrica, che i cantanti possiedono grazie a Madre Natura, è un segno distintivo che tutti gli altri musicisti ricercano per tutta la vita.

La qualità del suono proveniente da uno strumento musicale, infatti, è fortemente legata a un insieme di fattori che, a parità di condizioni, possono dare risultati profondamente diversi.

La prima di queste variabili, è certamente la scelta dei materiali e la qualità costruttiva.
Gran parte degli strumenti è costruito, o ha una forte componente, in legno. La scelta di questo materiale, risiede sulla sua naturale attitudine alla propagazione delle vibrazioni.
Se gli esseri umani sono così uguali, ma così profondamente diversi tra loro, la stessa cosa si può dire per i legni.
Tolte le caratteristiche fisiche (principalmente la durezza), ogni albero e ogni legno da esso ricavato ha la sua storia: l’età, le condizioni climatiche in cui è cresciuto, e quelle in cui è stato conservato. Un legno stagionato, ad esempio, ha al suo interno una minore quantità d’acqua, perciò ha una maggiore elasticità, ma se di base è troppo duro, questa elasticità decade. Bisogna indovinare il giusto compromesso, che produrrà un suono buono e “bello”.
Ogni musicista, passa metà della sua vita a studiare uno strumento, e l’altra metà a cercare il suono che lo soddisfi e lo renda univocamente distinguibile.

Campioni di questo sport, sono i chitarristi.
Grazie a un vasto campionario di effettistica, di cavetteria, di amplificatori, oltre che modelli e tipologie di chitarre, passano la loro esistenza a comprare e vendere qualsiasi cosa, alla ricerca del suono che li possa contraddistinguere.
Personalmente, di chitarristi che ci sono riusciti, ne vengono in mente al massimo una decina.
Gli altri, stanno ancora cambiando effetti e chitarre per riuscirci.

La seconda variabile che incide sul suono di uno strumento, è l’ambiente in cui si trova.
I materiali che compongono gli strumenti, infatti, sono sensibili all’umidità e alla temperatura, ma è altrettanto importante la conformazione della stanza, i materiali con cui questa è costruita e un miliardo di altre piccole cose. Ognuna di queste, altera impercettibilmente il suono, e più componenti si sommano, più il risultato è evidente.

Una batteria da ventimila euro dentro una stanza di venti metri quadrati risulterà suonare come una da trecento euro.
Una chitarra da ventimila euro con le corde vecchie suonerà come una chitarra da cinquanta euro.
Un sax da ventimila euro con le pelli delle chiavi secche, suonerà come un sax da cinquecento euro.
Un cantante stonato, con un microfono da ventimila euro, canterà male come se avesse un microfono da trecento euro, e in più si sentirà - senza ombra di dubbio - che è stonato.

L’ultima, in ordine di apparizione ma prima per importanza, variabile che influenza la qualità del suono, è il musicista. Il tocco.
Il tocco del musicista, trasforma il semplice suono, in sound.

Un chitarrista, con la stessa chitarra di Brian May, lo stesso amplificatore, le stesse corde, lo stesso penny come plettro, gli stessi vestiti e gli stessi capelli, suonando la stessa canzone, non avrà mai lo stesso sound di Brian May. Perché il tocco, non è quello di Brian May, e seppure il suono sarà simile, il sound non sarà quello.
E’ frustrante per i chitarristi, per il loro conto in banca e per i loro strumenti, ma è così e non ci si può fare niente.

Il sound, è l’anima del musicista trasferita all’interno del proprio strumento, e non è riproducibile, esattamente come la voce di un cantante. Ci si può avvicinare, si può cercare di imitarla, ma non sarà mai l’originale, perché oltre alle componenti intrinseche donate da Madre Natura, mancheranno le componenti emotive.

Quando un musicista possiede il sound, le variabili in gioco per la produzione del suono, quasi si annullano.

Un batterista col sound, riuscirà a rendere gradevole il suono di una batteria di trecento euro dentro una stanza di venti metri quadrati, cosa che un musicista senza sound non riuscirebbe a fare nemmeno con una batteria da ventimila euro in un auditorium.
Un chitarrista col sound fa suonare bene anche una chitarra da cinquanta euro, meglio di quanto farebbe un chitarrista senza sound con una chitarra da ventimila euro e le corde nuove.
Un sassofonista col sound riesce ad ottenere un suono caldo anche da un sax da cinquecento euro, molto più coinvolgente di un sassofonista senza sound con un sax da ventimila euro.
Un cantante col sound, riuscirebbe a far emozionare anche cantando in un microfono da trecento euro, mentre un cantante professionista, preparato e tecnicamente perfetto, ma senza sound, non emozionerebbe nemmeno cantando in un microfono da ventimila euro.

La ricerca del sound è per un musicista, quello che è l’illuminazione per un Buddhista: entrambi passano la vita a cercare di raggiungerla, ma solo in pochissimi ci riescono, e un gran numero di questi sono leggende che vengono tramandate.

Io, tutte queste variabili, non le conoscevo. Ero di fronte ad un microfono, e cantai. Semplicemente.
Per la prima volta, trasferii la mia anima su un nastro digitale. Il mio primo Horcrux.

Registrai quei cinque brani, e ne fui soddisfatto, perché non conoscevo un’alternativa migliore. Feci il mio dovere, ed era perfetto così.
Zero personalità. Zero intonazione. Zero musicalità. In due parole: Zero sound.

Quel CD ce l’ho avuto davanti agli occhi per quasi venti anni, mi sono ripromesso di portarlo in digitale un’infinità di volte, e non l’ho mai fatto. Ora è sparito e chissà se un giorno riapparirà.

Terminata la fatica in studio, resa indimenticabile dall’attentato alle torri gemelle, ci adagiammo sulla presunzione dei nostri mezzi. Avevamo un CD, lo avremmo fatto ascoltare a chi ce lo avesse chiesto, decine di brani in repertorio e capacità da vendere.
Eravamo a metà settembre, e ognuno di noi era rientrato nella routine quotidiana, a capofitto nel lavoro o negli studi. Per la band, sarebbe stato sufficiente vedersi una volta ogni tanto, e provare solo a ridosso dei concerti.
Con quel CD, consumato nei nostri lettori, ognuno probabilmente pensò: “ci chiameranno a suonare, e ci vedremo la settimana prima per ripassare. A che serve provare?”
E così, senza quasi accorgercene, provammo meno, e ancora meno, fino a non provare più.
Senza decretarne la fine, i Blitz! sparirono, come finisce una storia d’amore tra due che non hanno più nulla da dirsi.

Io vivevo per gran parte della settimana a Roma, tutto sommato non era una grande idea far parte dei Blitz!, sarebbe stato più intelligente cercare una nuova band in città.
Non sapendo da dove partire per cercarne una, inserii un’inserzione su un giornale di annunci, che recitava più o meno così:

“Cantante con esperienza, cerca gruppo per serate, no perditempo”.

Un annuncio ricco di fascino, irresistibile, dovete ammetterlo. Avrei sicuramente ottenuto centinaia di richieste.
La prima, a dire il vero l’unica, arrivò però già il mattino seguente.

Un certo Davide, mi chiamò sul cellulare, e dopo pochi convenevoli mi chiese:

-“ti interessa il rock?”-

Mi colse un po’ di sorpresa. Avevo iniziato a curare i miei ascolti, ma il concetto di rock era ancora troppo vasto. Tutto sommato risposi:

-“certo”-

E precisando, continuò:

-“noi facciamo rock originale”-

Io conoscevo l’hard rock, il metal, il rock psichedelico e anche il rock alternativo, ma il rock originale non sapevo cosa fosse, lo confesso.
E candidamente risposi:

-“che tipo di rock sarebbe?"-

Lui esitò un secondo, ma andò avanti.

-“rock originale. Inedito, insomma. I pezzi li scriviamo noi”-

Panico. Cosa avrei dovuto rispondere a quel punto? Mi affidai al mio solito atteggiamento, non vedendo un valido motivo per dire no.

-“ah si. Va bene, scusa non avevo capito”-
-“ma l’hai mai fatto?”- mi chiese Davide, dall’altra parte.
-“no, ma c'è sempre una prima volta”- risposi, sicuro.

Facemmo altre due chiacchiere, e decidemmo che sarebbe stato meglio conoscerci e parlarne di persona, perciò sarebbero venuti a trovarmi a casa la sera. Lui e l’altro chitarrista del gruppo.

Arrivarono verso le 21, Davide e Daniele.


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Sort:  

Per la prima volta, trasferii la mia anima su un nastro digitale. Il mio primo Horcrux.


Vabbè, volevo commentarti su tutti i punti, ma con quella frasetta mi hai fatto ridere per un quarto d'ora! Mi piace come scrivi di questa tua esperienza, riesci a trasmettere passione e a coinvolgere i tuoi lettori come pochi altri. Un racconto personale che ci sta tenendo tutti sulle spine, curiosi di arrivare al finale con la stessa curiosità con cui si attendono gli episodi delle serie televisive migliori (non parlo di seriette, ma di serie serie, quelle belle, fantastiche, superlative!).

Insomma, non gasarti troppo, ma sei bravino ;)

Mi fai arrossire Francesca, grazie!!
Tanto sappiamo entrambi che finirà come Lost, io in realtà non esisto e sta scrivendo la mia storia postuma il ghostwriter @gianluccio, guidato dai ricordi di @g-e-m-i-n-i

Dipende da come arrossisci, è più un pantone 2035 XGC o un 206 XGC? XD

Il 2035XGC non si abbina con la maglia che porto oggi, meglio il 206TD cabrio 😁

Sono contento che i miei capitoli scritti come Ghostwriter riscuotano così tanto successo! :P Comunque la citazione ad Harry Potter è una chicca. 10 punti a Suryaverde!

Daje. Io sono sempre d'accordo con te. I

Interessante la storia e come scrivi. Mio figlio di 8 anni si sta appassionando molto alla musica fa gia' un corso di chitarra e gli piace tantissimo.

Ciao misia e innanzitutto grazie, per essere passata e del complimento.
Ho iniziato questo steembook raccontando come ho iniziato, a sei anni, quindi molto piccolo come tuo figlio.
Speriamo anche lui un giorno avrà sufficiente materiale da scriverci un libro, e speriamo sarà più serio del mio!!

È inutile, quando parlo con te mi chiedo perché ti do ascolto...poi continuo a leggere il tuo libro e mi piace sempre più.
Scrivi bene, riesci a rendere semplici le spiegazioni. La citazione dell'Horcrux mi ha fatto adorare ancora di più il post.
Son curiosa ora..vedremo il seguito.

Eheheh la cultura è una cosa seria, e mi piace far intrecciare cose che apparentemente non c'entrano niente l'una con l'altra!!
Il seguito l'ho già spoilerato al commento di @nawamy 😂😂