Da qualche anno è stata aperta ai visitatori una zona molto particolare, che è difficile che qualcuno non conosca, “la zona d’esclusione di Chernobyl”. Quest’area non è stata devastata da un fenomeno climatico, come un terremoto o un vulcano, ma a causa dell’uomo.
Immagine riutilizzabile
Il tempo si è fermato a quel 26 aprile 1986.
Ormai è da diverso tempo che i turisti possono visitare la centrale e i paesini adiacenti.
Una domanda sorge spontanea: “perché visitare questi luoghi?”
Il visitatore tipico non è un dark Tourist, ma una persona che vuole ampliare le proprie conoscenze (quindi colta), appassionato di storia ed è considerata una persona sensibile a ciò che è successo in passato.
Basti pensare che a Chernobyl è presente l’ultima statua di Lenin sul suolo Ucraino.
Pripyat, una città satellite costruita appositamente per gli operai della fabbrica, impressiona per la sua architettura anni 70 tipicamente comunista, in cui sta lasciando spazio alla natura dopo l’abbandono dell’uomo.
Non solo a Pripyat c’è questo stato di abbandono da parte dell’uomo, ma anche nei comuni circostanti, dove la natura e gli animali hanno ripreso possesso dei loro territori; infatti questo habitat è unico in Europa, basti pensare che si è re-insediato un cavallo estinto negli ‘70, il Przewalksi.
Per poter accedere nella zona di Alienazione bisogna essere muniti di passaporto e di specifici permessi rilasciati dal governo ucraino, tutta la zona è pattugliata dall'esercito e ci sono tanti caselli.
Dytyatky, è il primo che si incontra, è raggiungibile solo con mezzi autorizzati dal governo, di cui è sempre presente una guida, con l’obbligo di seguire perché è sconsigliato girovagare da soli nella zona.
DALLE 22 ALLE 8 VIGE IL COPRIFUOCO.
In tutti i check point si verrà perquisiti e ci sono diversi controlli dosimetrici.
Se si vuole soggiornare per più di un giorno in questa località, c’è un hotel nel area di esclusione, in stile ex unione sovietica anni ‘70.
Per i pasti c’è la mensa della centrale, dove vi faranno compagnia dai lavoratori addetti alla sicurezza.
C’è la possibilità di visitare i reattori 2 e 3, grazie al passaggio dei Golden Corridors, sempre sotto una guida delle pubbliche relazioni; mentre i reattori 1 e 4 non sono più visitabili.
In questa città, Pripyat, si ha la possibilità di avere accesso a dei siti non proprio convenzionali e non turistici, tipo il reattore numero 5, mai completato, oppure visitare il cimitero Rossokha o l’appartamento del direttore della centrale, la cittadina di Pollesskoe e molto altro.
Più che il danno della centrale, rende meglio dare i numeri della popolazione che è stata evacuata;
Nel 1986 c’erano 50 mila abitanti, e zero nel 1987; in cui per 16 anni era una città modello e per più di 30 anni come città fantasma più famosa al mondo.
Si può pensare che entrare in questi siti sia pericoloso, ma ormai i rischi son quasi nulli, soprattutto dove è successo un disastro nucleare; tutte queste aree sono monitorate dal governo e il visitatore non subirà nessuna conseguenza per la sua salute.
Non è strano incontrare durante la visita i “Samosely”, persone che sono ritornate a vivere nelle loro case dopo l’incidente, a condurre nuovamente la vita che facevano prima del disastro, coltivando l’orto proprio.
Sono esclusivamente persone anziane, che per più di 30 anni vivono isolate da tutto e da tutti, persone che non se la sentivano di abbandonare le proprie abitudini.
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Non vengono abbandonati dal governo, infatti viene dato loro rifornimento alimentare non contaminato, medicinali e un po’ di compagnia.
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