I rifiuti in plastica, giocattoli, telefoni cellulari e altri materiali non biodegradabili rappresentano milioni di tonnellate di rifiuti buttati via ogni giorno.
Le ricerche sono sempre più orientate a creare in laboratorio materiali con le caratteristiche di quelli naturali, ovvero biodegradabili.
L'italia è sempre stata all'avanguardia nello studio di materiali plastici biodegradabili. Forse non tutti sanno che la prima plastica bio, derivata dagli amidi, è stata inventata proprio in Italia, nei laboratori dell'ex Montedison, la Novamont, ben 28 anni fa. Ed oggi tante altre startup stanno lavorando sulla ricerca per la produzione di materiali plastici biogradabili al 100% Ricerche di successo sono state effettuate anche nel resto del mondo, ad esempio presso la Technische Universität München (TUM) e presso la Stanford University.
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I materiali artificiali sono indistruttibili
I combustibili fossili e il petrolio sono diventati materia prima di prodotti che contengono plastica, tra cui i componenti elettronici, tessuti e altro, e in genere non si biodegradano, a differenza dai materiali ricavati da risorse naturali di origine vegetale o animale. Il petrolio ha un “passato di biodegradabilità”, ritenendosi comunemente provenire dalla decomposizione di organismi vissuti centinaia di milioni di anni fa, ma quando i produttori hanno iniziato a utilizzare il petrolio per produrre plastica e altri prodotti, hanno finito per creare beni praticamente indistruttibili.
L'ingrediente principale derivato dai prodotti petroliferi, il propilene, si trasforma in polipropilene durante il processo di fabbricazione. Il calore e i catalizzatori applicati durante il processo di produzione creano catene in polipropilene a base di carbonio che formano legami virtualmente indistruttibili, qualcosa che il naturale processo di riciclaggio della Terra non può abbattere.
La natura è riuscita a sviluppare organismi che distruggono la materia organica, ma l'uomo ancora non è riuscita a fare altrettanto per decomporre i derivati dal petrolio.
Materiali in grado di autodistruggersi: ciclo di vita ed utilizzi
La maggior parte dei materiali artificiali sono in genere stabili quindi non scambiano molecole con il loro ambiente, e per questo motivo sono praticamente indistruttibili. In natura, la materia organica non è in equilibrio e inizierà a degradarsi in mancanza di fonti che aiutino a ricostruire le strutture cellulari.
Prendendo spunto dalla natura, i ricercatori della Technical University di Monaco hanno realizzato materiali innovativi in grado di autodistruggersi. Quando questi prodotti non hanno fonti energetiche, come ad esempio l'adenosina trifosfato - un coenzima utilizzato dall'organismo per trasformare il glucosio da grassi, carboidrati e proteine in energia - questi nuovi materiali autodistruttivi iniziano a disgregarsi, proprio come la natura biodegrada i materiali di origine organica. Viene dunque ricreato il processo messo a punto da Madre Natura: senza una fonte di energia, questi materiali artificiali iniziano a morire.
Gli scienziati della Stanford University hanno sviluppato un legno artificiale in plastica biodegradabile. Le plastiche biodegradabili possono sostituire le plastiche indistruttibili e il legno può essere utilizzato per produrre materiali da costruzione, elettronica biodegradabile. Praticamente tutti i prodotti realizzati con componenti indistruttibili potranno essere realizzati con questi nuovi materiali.
Realizzando materiali che si autodistruggono o si scompongono nei loro elementi costitutivi originali, ingegneri e ricercatori promettono di poter utilizzare questi materiali innovativi nell'ambito di trapianti e impianti protesici. I ricercatori dell'UCLA hanno sviluppato un idrogel che crea una struttura di supporto che consente alle ferite di guarire e ai tessuti di rigenerarsi mentre contemporaneamente la struttura si biodegrada. L'idrogel favorisce una rapida rigenerazione consentendo alle ferite e ai trapianti cutanei (per citare alcuni usi medici), di guarire più velocemente.
Materiali artificiali e salute ambientale
Uno studio pubblicato tra i “Proceedings of the National Academy of Sciences” (PNAS) ha mostrato come l'inquinamento da rifiuti plastici stia aumentando vertiginosamente, anche in zone remote della terra. Di fatto si stanno superando di gran lunga gli sforzi messi in campo per il riciclaggio e si sta mettendo a repentaglio gli oceani, le coste e altri ambienti. L'utilizzo smodato della plastica è più pericoloso del cambiamento climatico ed ha un effetto negativo sulla salute ambientale della Terra e dei suoi oceani.
La produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali. Ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani del mondo e, ad oggi, si stima che via siano più di 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani. Se non si dovesse agire per invertire la tendenza proseguendo con i trend attuali (Business As Usual, fare come se niente fosse) gli oceani potranno avere nel 2025 una proporzione di una tonnellate di plastica per ogni 3 tonnellate di pesce mentre nel 2050 avremo, in peso, negli oceani del mondo più plastica che pesci.
(dall'articolo pubblicato sul sito WWF "I numeri della plastica nel mondo", gennaio 2018, link in fondo a questo post)
Che prospettive ci possono essere?
I materiali che si autodistruggono possono iniziare ad alleviare la conclamata crisi ambientale che minaccia di riempire i nostri oceani, oltre alle discariche. Sviluppando prodotti che si auto-degradano, le materie plastiche e le sostanze chimiche pericolose non influenzeranno più la biosfera terrestre. Non incrementando il problema dell'inquinamento già esistente, gli scienziati potrebbero essere in grado di sviluppare metodi meno costosi per raccogliere e riutilizzare le materie plastiche basate sul petrolio, ormai esistenti.
Ricordiamo sempre e comunque che le buone prassi per eliminare la plastica e altri problemi di inquinamento iniziano con il riciclaggio a casa, al lavoro e a scuola. Oggi, placatesi le polemiche di qualche tempo fa, siamo ancora così certi che sostituire i sacchetti del supermercato in plastica con altri biodegradabili sia stata un’operazione così sbagliata?
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Fonti ed approfondimenti:
https://www.wwf.it/news/notizie/?uNewsID=37160
http://www.pnas.org/content/114/23/6052
http://nova.ilsole24ore.com/progetti/86422/?refresh_ce=1
http://materbi.com/cose/
http://www.bio-on.it/
https://www.livescience.com/33085-petroleum-derived-plastic-non-biodegradable.html
https://www.rdmag.com/news/2017/07/researchers-develop-supramolecular-materials-disintegrate-predetermined-time
https://news.stanford.edu/pr/2009/pr-biocomp-031809.html
https://www.chemeng.ucla.edu/ucla-researchers-develop-new-material-to-accelerate-healing/
Apprezzo molto questo focus su come si costruiscono i materiali. Io lavoro con una nonprofit dove abbiamo esperti sull'economia circolare, sul design circolare, e sulla biomimetica. Questi processi guardano il ciclo completo di tutti i prodotti introdotti, da creazione a smaltimento. Se non è stato creato usando tecniche che sostengo la vita, non devono essere creati. Spero che questo pensiero prenda piedi e che le industrie vecchie che creano solo inquinamento man mano vengono trasformati o chiusi.
Mille grazie per il commento, credo che il futuro sia quello, sempre che vogliamo che ci sia un futuro! Ti seguo!
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D'accordo! Una cosa bella che ho visto è che nella facoltà di design industriale all'Università di Firenze, ci sono circa 200 prodotti fisici tutti riciclati o fatto in modo circolare. Questo è parte di un partnership che hanno con Matrec, una database di più di 2000 prodotti fatti in questa maniera. Questo mi da speranza che almeno un po' di gente vuole un futuro diverso!
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