Avevo immaginato tutto.
L’inizio, lo svolgimento e la fine.
Faccio sempre così, io.
Già mi vedevo sotto casa sua ad aspettarla, come sempre; lei arriva, a grandi passi lungo la discesa che porta al cancello di ferro pesante, spinge il portone ed esce. Tre passi ed eccola seduta in auto accanto a me, con quel sorriso allegro che la contraddistingue e quel profumo di buono che solo lei ha.
“Ue buonasera! Allora come va? Mi fai sempre aspettare un’eternità! Sei proprio peggio di una femmina!”, dice sorridendo.
Io incasso e sorrido, spero, sarcastico.
“Mi ero impigrito e non mi andava più di uscire, poi ho pensato che anche se siamo soli un giro possiamo farlo comunque “, rispondo con nonchalance e voce scocciata (spero).
Lei ride. “Sei sempre il solito", dice.
Questo è l’inizio, che sia nella realtà che nella mia mente è sempre costante, uguale, un siparietto in cui le parti sono fisse, pena la perdita di carattere dei personaggi.
Metto in moto, parte. Anche qui, tutto uguale. Le mete possono essere, data l’ora, un giro al centro della città che è bella come sempre, o un drink al solito bar degli amici.
“Per me va bene qualsiasi cosa, lo sai. Decidi tu”.
Deciderei io, davvero. A questo punto, nella realtà le dico: “Okay, andiamo dai ragazzi così ci facciamo quattro risate”.
Nella mia testa, nel film che gira e rigira da non so più quanto tempo, sono sicuro di me e coraggioso e strafottente e quindi le dico: “Okay allora, per stasera, siamo solo io e te. Ti porto in un posto dove non sei mai stata”.
Lei mi guarda e sorride. “Addirittura. Va bene, sorprendimi”.
“Mi stai ascoltando? Sei proprio l’opposto del multitasking! Hai capito che ho detto?”
“No, scusa, ero distratto. Che stavi dicendo?”
“No niente, semplicemente che sono felice di essere qui, ci voleva. Mi mancava questo posto e sai che c’è, non mi dispiacerebbe nemmeno se ci facciamo un giro da soli, non parliamo da un sacco. Come stai? Novità?"
Io la fissò negli occhi neri, in cui mi perderei e spero di comunicarle almeno in parte cosa mi passa per la testa.
La conosco da sempre. Amici per caso e poi per scelta, compagni di bevute, di viaggi, di pomeriggi in un bar a prendere un caffè che dura ore, le sere d’estate sulla spiaggia a guardare le stelle e d’inverno in un pub qualsiasi, a condividere sogni e speranze, realtà e vita da vivere, fino alle prime luci dell’alba.
Le storie che iniziano e finiscono (le sue) e quelle che non iniziano mai (le mie) e lei non capisce perché non riesco a trovarmi una ragazza.
“Cioè, cosa hai che non va? Sei un bel ragazzo, intelligente, simpatico e interessante. Io boh, non capisco. Forse sei tu, troppo selettivo?”
E io che avrei sempre dovuto dirle che tutto quello che non andava era lei. Lei con cui avrei voluto perdermi e ritrovarmi, stringendole la mano ovunque andasse.
Lei che è una mina vagante, sempre in giro per il mondo, senza una stabilità che possa convincermi che posso buttarmi e provarci, senza che lei se ne penta e decida che tutto sommato non ne vale la pena.
Lei che va, si butta, corre verso la vita senza paure. Almeno in apparenza.
Io invece restò sempre un passo indietro.
“Okay, allora andiamo al centro e parliamo”.
Mentre guido chiacchieriamo del più e del meno. Gossip sugli amici, quello si è fatto incastrare, quell’altro ha fatto un casino con un paio di ragazze, l’altro non si decide a cambiare vita.
Arriviamo in centro città, ma non ci fermiamo, proseguiamo lungo la strada che fiancheggia il mare, sulla salita panoramica da cui si ammira il golfo. Da perdere il fiato. È il luogo che preferisco.
“Ci ero stata già qui, tanto tempo fa”
“Ma non con me”, le dico e le offro una sigaretta. La fumiamo in silenzio, guardando il mare.
Poi, nel mio sogno ad occhi aperti, le prendo la mano, la stringo a me e lascio andare la paura, sperando che non mi prenda per sciocco ridendomi in faccia.
Non lo fa, ricambia la stretta, mi sorride e dice: “Finalmente ti sei deciso “.
Poi il sogno ad occhi aperti prosegue in modo prevedibile.
Mentre mi perdo dietro questi pensieri, l’ascolto chiacchierare. Il tipo che frequenta è un giorno sì e l’altro pure sparisce, fa il vago e lei non capisce perché, la sorella che la stressa, i viaggi che si susseguono senza tregua.
“Meno male che ci sono posti come questo. Grazie per avermi portato qui”.
Senza accorgermene le sorrido e mi sfugge un sospiro.
Il nostro corpo spesso dice ad alta voce cose che non vorremmo sentire o capire, per non affrontarne le conseguenze. Ma quando saltano fuori, esigono un atto di coraggio. Per caso, il momento è proprio questo, quando la realtà e i sogni collimano e si ritrovano sulla strada che porta verso una vita non più a metà, ma completa. Una strada che è fatta di occhi neri che ridono, leggerezza del cuore e profondità di sentimenti. E le classiche e scontate, ma mai banali, labbra da sfiorare sperando che non si tirino indietro.
Mi decido. Vado. Mi butto lì nel nero della notte che si fonde con il mare, puntellato di stelle autunnali, le migliori.
Non si tirano indietro. “Ti sei deciso, finalmente”.
Lo dice per davvero.
Casualità: il caso che gioca con pezzi sparsi della vita, senza preavviso. Li mette insieme, a dispetto della volontà. Che si fa volentieri da parte, per lasciarsi trasportare dalla corrente improvvisa di gioia inattesa che è arrivata a travolgere una serata qualunque, come tante, tra me e te.
Finalmente ti sei deciso 😉. Bella storia 😘
Avere una storia da raccontare è come osservare le stelle cadenti 👍
Questa similitudine è meravigliosa. Grazie 😊
Mi piace 😊😊😉😉
Sono le storie migliori ❤️
ho ricommentato ahahahaha
Wow, stupendo! Io mi sono commossa, grazie @stella87s ❤
😍 grazie a te teso per averlo letto :)
Quando penso a queste storie vissute e ascoltate, raccolte da altri e testimoniate, mi emoziono tanto anche io 😘
Ho trovato interessante il tuo parlare in prima persona però dal punto di vista dell'uomo :)
Comunque bellissimo racconto, mi sono proprio immedesimata, bravissima! 😘
Bello! Complimenti!
Grazie sciack!
Bellaaaaaaaaa!!!! :-)
Posso iniziarne una serie :D
nice post
touchingly