Globalizzazione o Antiglobalizzazione?
La globalizzazione è quell’insieme di rapporti sociali, politici, economici che comprendono l’insieme di mutamenti su un piano mondiale, in un’ottica di condivisione di cultura, linguaggio, tradizioni e usi differenti, che si inglobano in una dimensione unitaria che comporta la creazione di una società-mondo, delocalizzata e despazializzata, dove non esiste più confine di terra e spazio, dove le distanze si rimpiccioliscono, grazie al nuovo contributo dei media, come: televisione, radio e social network; per costruire società centrate sullo sviluppo della persona.
La globalizzazione farebbe, quindi, pensare all’assenza di un centro.
Il motore della globalizzazione oggi risulta l’economia, il capitale e la finanza, inseriti in processi di integrazione/ interazione, che hanno corso e continuano a correre assai più velocemente della politica.
Oggi il globo terrestre è attraversato da flussi di informazioni, rapidi movimenti, reti di comunicazioni, scambi finanziari e culturali.
La globalizzazione è considerata come la modernizzazione della modernità, intesa non come crescita lineare di razionalità e controllo, ma come auto trasformazione non controllata, delle istituzioni politiche e sociali.
La globalità si configura come una istituzione, un processo, un elemento immaginario, dove si raggiunge uno sviluppo indirizzato verso una contrazione delle dimensioni spazio-temporali, legata alla rapidità, la velocità, l’impatto dei movimenti e una nuova forma di temporalità, priva della stessa accezione di tempo.
La globalizzazione ha condotto verso un rapido e consensuale processo di erosione degli Stati, che ha portato a cedere parte dei tradizionali poteri a organismi sovranazionali, come l’Unione Europea, l’ONU, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, al fine di creare una politica comune.
Un’altra faccia della stessa medaglia è l’antiglobalizzazione.
La gente comune spesso ha un atteggiamento scettico nei confronti degli obiettivi politici raggiungibili dagli Stati e dai vertici globali. Ritenendo che Stati, grandi imprese e organizzazioni internazionali non siano in grado di trovare soluzioni ai problemi legati allo sviluppo della globalizzazione.
I movimenti sociali globali sollevano infatti importanti interrogativi su alcuni tra i più rilevanti problemi mondiali:
• povertà mondiale,
• degradazione ambientale,
• proliferazione delle armi di distruzione di massa (nucleare);
Tutti comportamenti orientati a produrre profitto.
I movimenti sociali hanno la capacità di mettere all’ordine del giorno questioni riguardanti problemi generati da settori della società e di farlo in modo nuovo, critico e creativo.
Il movimento è essenzialmente contrario alla globalizzazione neoliberista che attribuisce il potere alle grandi società e allo Stato dei Paesi ricchi, di accedere ai mercati mondiali dei paesi in via di sviluppo, consentendo lo sfruttamento della manodopera a basso costo e l’allentamento degli standard ambientali.
Tra le principali conseguenze negative si ha la disoccupazione per i lavoratori dei Paesi ricchi, la cui manodopera si trova a dover competere con quella a basso costo dei Paesi in via di sviluppo, provocando una “corsa al ribasso” nell’ambito dell’occupazione, dell’ambiente e degli interessi sociali.
Alcuni attivisti del movimento antiglobalizzazione chiedono una maggiore equità nella mobilità, nella libera circolazione di persone e capitali, in quanto essi ritengono vi sia incoerenza e disuguaglianza tra Paesi ricchi e poveri.
Molti critici rimproverano ai movimenti sociali globali di non essere veri e propri movimenti concreti, altri li accusano di essere dominati dagli attivisti troppo violenti.
Le tre critiche più significative che vengono mosse ai movimenti antiglobalizzazione:
- Che sono troppo eterogenei per essere un movimento;
- Che sono fortemente critici ma mancano di un sistema di riferimento propositivo;
- Che operano al di fuori dei centri decisionali e hanno quindi un impatto limitato.
La prima critica riguarda il fatto che i movimenti antiglobalizzazione sono troppo diversi fra loro per costituire un vero e proprio movimento.
La seconda critica sostiene che l’antiglobalizzazione è un movimento di opposizione che manca però completamente di un programma concreto. Questo fa si che i movimenti antiglobalizzazione vengano spesso associati a frange più discutibili e pericolose del movimento, diventano fragili e sostituibili da parte di attori politici che hanno un proprio programma.
D’altra parte i movimenti antiglobalizzazione sostengono elementi come il protezionismo, il libero scambio, che sia realmente libero e l’apertura ai reciproci scambi commerciali.
I movimenti antiglobalizzazione possono dunque avere un impatto in società?
Si, in quanto essi possono trasformarsi in movimenti politici e mettere a punto un programma. Sviluppando interessi comuni con gli attori politici dei Paesi che ne condividono visioni, critiche e obiettivi, creando affini obiettivi di giustizia sociale.
Fonti di riferimento:
Sociologia: problemi, teorie, intrecci storici di Teresa Grande, Ercole Giap Parini
Sociologia della globalizzazione di Luke Martell
Il libero scambio e il protezionismo, insieme, sono una contraddizione.
I no-global vogliono i dazi, ai tempi non volevano che la Cina entrasse nel WTO, quindi altro che scambi commerciali.
Una provocazione: la globalizzazione è anche una via per aiutarli a casa loro. Aiutare non è gratis, è un trasferimento di ricchezza.
I no global in politica sono Lega, M5S (almeno fino a qualche mese fa), vari piccoli partiti di ultra-sinistra e di ultra-destra.