Esistono varie scuole anche sulla causa delle emigrazioni. Nel corso di demografia sociale e mobilità ne espongono oltre 5 e le suddividono per categoria (micro, macro, intermedie). Tra l'altro ogni scuola suggerisce, a causa dei suoi ingredienti, come incentivare o inibire il fenomeno. Tratto dai miei appunti:
Micro
- Teoria neoclassica (1950): mercato dei salari macro, bilancio costo benefici micro. In questo caso l'individuo fa una specie di analisi dove calcola se conviene emigrare o meno, tramite un integrale che considera dati e probabilità. La trovo abbastanza meccanica.
Qui per modificare gli effetti basta agire su: probabilità di trovare lavoro, il reddito nel paese d'origine o nel paese destinatario, cambiare i costi psicologici del trasferimento. - New economics of migration (1950): non più l'individuo fa l'analisi ma la famiglia, cercando di diversificare il portafoglio dei propri figli. Massimizza le capacità reddituali della famiglia, minimizza i rischi.
Macro
- Teoria del doppio mercato del lavoro: il salario riflette anche il prestigio sociale; non si lavora solo per il reddito ma per lo status sociale.
Intermedie
- Teoria del sistema globale, di origine sociologica: il modo di produzione capitalistico crea un legame fra uno stato-corporazione e un territorio. Ad esempio le multinazionali che vanno a produrre nei paesi in via di sviluppo.
- Teoria delle reti: rapporti interpersonali che collegano migranti e non migranti, trascurano le leggi.
- Teoria delle istituzioni (organizzazioni). SI rifà alle organizzazioni che permettono o non permettono la mobilità. In Italia ne abbiamo diverse.
- Teoria della cumulazione delle cause: 6 cause e collegamento occupazione-etnia (ad esempio egiziano = pizzaiolo, indiano = mungitore nel mantovano, filippina = domestica, etc.)
- Teoria dei sistemi migratori: 4 elementi.
Nella lezione a cui ho assistito mancava la teoria ecologica, che però hanno citato nello spiegare le migrazioni preistoriche.
Ok... ma io parlo dei fattori umani...tutte queste teorie sempre razionalizzanti restano, come se si parlasse di cose, come si fanno a valutare costi e benefici escludendo emozioni, relazioni, diversità.... il punto (il mio per lo meno) è proprio considerare la prospettiva da un ottica abbastanta diversa da quella di chi lo studia il fenomeno, ovvero l ottica di chi il fenomeno lo vive...
Poi ovviamente come ho sottolineato le mie sono riflessioni determinate da esperienze personali... forse non tanto generalizzabili, ma nonostante questo, probabilmente per molti saranno anche piuttosto rappresentative.
dei liberali quantificano tutto. Dal valore aggiunto dei servizi della natura al costo psicologico del lasciare la propria terra.
Dubito della validità della misurazione del costo psicologico, a meno che non sia fatta da un luminare, e lui stesso si terrebbe cauto nel dare dati su variabili di questo tipo. Non siamo macchine, ne numeri caro Gabriele, cmq ti invito a tal proposito a leggere qualcosa del libro
"doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze dell'immigrato" di
Abdelmalek Sayad